Il Terrorista
          Por Julio Monteiro Martins
          Il marito, esasperato, 
            si alza di scatto dal letto, e per giustifi care la sua voglia di 
            parlare in piedi fa finta di aver sete, prende la bottiglia di plastica, 
            riempie il bicchiere, lo lascia pieno sul cassettone e agita la bottiglia 
            in aria come un bastone: 
            – Ma non capisci? Ma sei scema o cosa? Il fatto che questo tuo 
            amico ti abbia detto che conosce delle persone che hanno partecipato 
            alla preparazione di attentati terroristici è una cosa gravissima. 
            Secondo me, questo fa anche di lui un terrorista. Chi conosce terroristi 
            cos’è? È un terrorista.
            – Ora esageri, Filippo. Forse Amir dice queste cose solo per 
            darsi importanza, per affermarsi in qualche modo. – Lei riflette 
            per qualche secondo, valutando lo spessore di quella realtà. 
            – Macché... Non conosce nessun terrorista, lui, dice 
            così solo per dire...
            – Ma porco di quel maiale, non può nemmeno dire queste 
            cose in giro! Ma scherzi? E tu sei una cretina a frequentare questa 
            gentaglia. Metti a rischio la nostra famiglia.
            – Ma dài, allora sei un 
            cretino anche tu che non capisci come stanno le cose.
            – Ah, sì? Dimmi tu, allora, come stanno le cose. Dài. 
            Sentiamo.
            – Sono gli stessi americani che 
            stanno dietro questi attentati, compreso quello delle torri gemelle. 
            Ave-blica contro di loro, è roba vecchia. Ti ricordi quando 
            anche qui in Italia i servizi segreti e la destra, quel Gladio e la 
            CIA, facevano esplodere le bombe a Piazza Fontana, alla stazione di 
            Bologna, per scatenare l’odio sociale contro la sinistra? Gli 
            americani è da sempre che sono terroristi. Guarda cosa hanno 
            fatto in Cile, a Cuba, da tutte le parti. Non lo vede chi non lo vuol 
            vedere.
            – E chi ti ha detto queste cazzate? Il tuo amico Amir?
            – Non sono cazzate, Filippo. È la verità. Dovresti 
            guardare meno i telegiornali e ascoltare di più
            ciò che dice la gente.
            – Ed è questo ciò 
            che dice la gente?
            – Sì. Certe persone, sì. 
            Sicuramente.
            – Allora, Elena, tu devi scegliere tra me, tra la tua famiglia, 
            e queste “certe persone” di cui parli. Io non cisto. Se 
            vuoi continuare a incontrarli, devi prima lasciare questa casa. E 
            io dico sul serio.
            – Ma sei proprio isterico, Filippo. Datti una regolata, va bene? 
            
            L’amante, esasperato, ferma la vecchia Fiat al lato della strada, 
            preme il pulsante delle luci d’emergenza e scuote la testa da 
            un lato all’altro, cupo, concentrato, cercando le parole: 
            – Ma cos’hai fatto? Sai benissimo che non ho mai conosciuto 
            nessun terrorista in vita mia, e non ne so proprio niente, io.
            – Lo so, Amir. Lo so, tesoro...Ma, capisci? Io ero disperata. 
            Non sapevo più cosa dire, che balle raccontare a mio marito. 
            È mille volte meglio che lui pensi che io ti veda di nascosto 
            a causa di certi tuoi legami politici...
            – Ma quali legami?
            – Posso fi nire? Allora, è meglio che lui pensi questo, 
            anziché scopra la nostra storia.
            – No, no, Elena... No... Tu non capisci niente. Queste sono 
            cose pericolose. Sono cose che non si dicono. Tu non te ne rendi conto 
            del momento in cui stiamo vivendo. Quelli come me sono tutti sotto 
            sospetto. Ci guardano come potenziali terroristi, e tu ti metti a 
            dire certe cose...
            – Amir, ascoltami. A chi vuoi che mio marito racconti quello 
            che gli ho detto? Alle rappresentanti farmaceutiche che si scopa ogni 
            tanto? Ai pazienti? Tanto, sono tutti sordi quelli. Proprio per questo 
            vanno da lui. A quella segretaria defi ciente? Ascoltami, tesoro, 
            non c’è alcun rischio. Credimi, è meglio così. 
            Lui si preoccupa con la politica mentre noi... Ehi, ma che fai? Piangi? 
            Amore mio, che fai?
            – Non puoi fare questo a me... Sei un’incosciente. E poi, 
            io ho moglie, ho tre fi gli... Vuoi distruggere la mia vita, Elena?
            – Tesoro, ma che dici? Ti sei spaventato, poverino. Stai tranquillo. 
            Guardami. Ehi, guardami. Mi prometti che starai tranquillo? Voglio 
            che tu me lo prometta, va bene? Me lo prometti?
            – Sì. va bene. Dopo aver cercato inutilmente di chiamare 
            il marito Elena rimette il telefonino nella borsetta e aziona il telecomando. 
            La porta automatica del garage si alza. Lei parcheggia il furgoncino, 
            scende, apre la bauliera e comincia a scaricare le confezioni di acqua 
            minerale e a sistemarle lungo le pareti laterali quando sente il rumore 
            di una macchina che avanza lentamente sulla stradina di ghiaia. La 
            macchina si ferma davanti a lei, senza
            spegnere il motore. 
            Ancora con le confezioni di sei bottiglie ciascuna in mano, lei si 
            gira e vede una macchina celeste con due uomini sconosciuti seduti 
            davanti, nascosti dietro gli occhiali scuri, e sul sedile posteriore 
            suo marito Filippo che la guarda immobile, con un’espressione 
            mortifi cata. Elena posa le bottiglie sul pavimento, s’incammina 
            verso gli uomini e china la testa per guardarli attraverso il finestrino.
            Nello stesso momento, dall’altro lato della città, Fatima 
            Al-Hasan al Madani riempie in fretta due grosse valigie aperte sul 
            suo letto con tutto quello che può servire, sotto lo sguardo 
            atterrito di due bambine e di un bambino piccolo che cerca di mostrarsi 
            sicuro e coraggioso al cospetto di quelle donne, mentre in salotto 
            l’iman e un suo fratello aspettano impazienti di poter lasciare 
            quella casa per tornare in moschea. Poi, a seconda dello svolgersi 
            dei fatti, decideranno tutti insieme il da farsi, a chi affidare la 
            donna e le due bambine. Del più piccolo l’iman si prenderà 
            cura personalmente. Vivrà insieme agli altri bambini come lui 
            e frequenterà la scuola coranica fi no a quando qualcuno potrà 
            venire a riprenderlo.