La storia della chiesa
non è la storia dei Papi, ma la storia dei Santi
Frate Prof. Luis
Carlos Susin
(1) Uno dei suoi più
bei contributi teologici è stato, frate Susin, un nuovo sguardo,
un nuovo paradigma nel campo del cosmo e della libertazione…
- In effetti, se consideriamo l’accelerazione e l’insieme
di rivoluzioni del XX secolo (rivoluzione scientifica, tecnologica,
femminista, ecologica...) oltre alle tragedie e ai cambiamenti di
geografie nazionali, abbiamo un mondo in cambiamento, e il cristianesimo
si trova nell’ occhio del ciclone, non ci si può proteggere.
Se la composizione di un paradigma, di un modello o standard, esige
una certa stabilità, forse staremo arrivando ad un superamento
anche dell’utilizzo di paradigmi per la nostra comprensione,
e dovremmo parlare semplicemente di scenari e flussi. L’allontanamento
tra religione istituzionale e religiosità fluttuante e senza
appartenenza forse è uno dei sintomi più visibili di
tale condizione nel seno del cristianesimo. A partire dall’America
Latina, ci sono grandi dosi di “confusione”, un fatto
strutturale non solo di cambiamenti, ma del nuovo stile di vita religiosa.
Qui la teoria del caos, dei frattali, della fisica quantica, facilitano
la comprensione delle lotte di sopravvivenza nelle enormi periferie
urbane che caratterizzano le nostre città. Küng e Tracy
verificano il cambiamento in direzione ad un pluralismo
e ad un ecumenismo di carattere meta-istituzionale, da cui la sua
forza quasi apocalittica e la sua fluttuazione. Ma le immense maggioranze
del popolo umile e povero si costituiscono di persone che lottano
per la sopravvivenza
a partire dal corpo, dalla casa, dal cibo, dalla salute. E, in questo
mondo dei poveri, la solidarietà è la più assoluta
necessità per la sopravvivenza. È necessario ricorrere
a persone compassionevoli, e non a regole e diritti che non vengono
riconosciuti. Per questo, in mezzo al sentimento di minaccia di caos,
la solidarietà compassionevole è l’elemento che
più conta nel mondo dei poveri. E questo sgnifica il compiere
il vangelo.
(2) In questa dimensione, la richiesta ecologica e una comprensione
della terra crocifissa testimoniano nuove strade per il cristianesimo
attuale...
- L’olismo come sensibilità e mentalità ci ha
aiutati a capire l’essere umano come figlio della terra, fatto
di humus e di argilla. Questo ci toglie dalla nostra durezza e dalla
nostra solitudine. Ma il lato poetico di questa nuova percezione di
appartenenza diventa drammatico nella condizione caotica
verso la quale stiamo scivolando. Caos è regione senza forma,
quindi, di violenza e di vite rapidamente schiacciate dalla “materia
senza forma”, questa definizione platonica di violenza. La prima
questione del caos è sociale: c’è molta energia
liberata, disintegrata da una società di squilibri crescenti.
Oggi, la terra subisce la minaccia del caos che è prodotto
dai suoi figli più intelligenti. L’ingiustizia del modello
di civiltà in cui stiamo progredendo si è rivelata anche
uno squilibrio nell’insieme della vita. Donde la metafora della
“terra crocifissa”, a cominciare dalle creature più
fragili. Il cristianesimo, come le tradizioni religiose in generale,
ha fonti capaci di aiutare negli sforzi per un cambiamento di cui
abbiamo bisogno. Ma si deve
cominciare dal riconoscimento delle sue responsabilità storiche,
facendo una revisione critica del suo cammino e riorganizzando la
sua maniera di interpretare le fonti. La collocazione dell’essere
umano sulla vetta della creazione e il dominio della terra non sono
la miglior interpretazione della Genesi. Da parte sua, la conoscenza
scientifica si rivela insufficiente per i cambiamenti di cui abbiamo
bisogno. La saggezza delle tradizioni religiose,
con il senso etico e la riverenza che gli sono proprie, ha una capacità
di radicarsi e di respiro per la nostra cultura “liquida”
e sempre più virtuale
e vaporosa. Il senso della creazione, della fraternità trale
creature, della biodiversità culturale e religiosa, quindi
in comunione ecumenica nel suo senso più ampio, tutto questo
sono aiuti inestimabili per i prossimi passi del cammino ecologico.
(3) Le contraddizioni sociali non solo proseguono, ma si ampliano
come mai. Come andare verso una rivoluzione profonda che alteri le
forme di oppressione che vigono nel nostro paese?
- Fino a poco tempo fa, i migliori tentativi di trasformazione hanno
agito con i pugni chiusi, con la stessa razionalità forte e
dura che ha comandato i secoli della modernità. Roger Garaudy,
quando si è allontanato dal marxismo, diceva che il capitalismo
accumulatore e il socialismo reale erano fratelli
gemelli, partoriti dalla stessa madre, la modernità con la
sua logica di lavoro e riproduzione all’infinito, il mito del
progresso e del benessere. È stato Einstein chi ha avvisato
che non si può usare, per trovare la soluzione,
la stessa razionalità che ha provocato il problema. Anzi, questa
è la logica dei sacrifici salvatori: per salvare dalla morte
è necessario che qualcuno
muoia. In Brasile, come nei paesi di grande povertà popolare
e molta disuguaglianza, il fenomeno più notevole non è
nella post o ipermodernità, in cui gli individui fluttuano
al di sopra delle istituzioni, ma al contrario: gli individui si immergono
nella moltitudine senza istituzioni, aspirando ad avere uno spazio
di appartenenza istituzionale. Per questo c’è molta lotta,
molto lavoro, con risultati scarsi e frustranti. La nostra sfida è
il cambiamento
di modelli istituzionali, soprattutto nell’area del mercato
neoliberale. Le organizzazioni non governative, il terziario, sono
germogliate in queste aree caotiche come funghidopo la pioggia, e
neanche tutte hanno funzionato, ma la creatività che rappresentano
è la strada di mezzo tra la possibilità
del mercato e della cultura popolare. Per ora non si vede molto oltre
questo pezzo di strada.
(4) Tra tanto riflusso, discredito e disperazione, oggi qual
è la dimensione teologica della venuta del Messia?
- I tempi premoderni possono essere considerati come tempi di “molto
cielo e poca terra”, in cui il Messia sarebbe chi ci porterebbe
verso il cielo. La reazione dei moderni è stata l’unzione
messianica della razionalità scientifica e strumentale. Le
grandi ideologie moderne hanno esteso i loro tentacoli per il mondo,
promettendo di far diventare realtà i sogni messianici o utopici,
e abbiamo avuto un secolo di tragedie. Le cadute dei muri sono nella
migliore tradizione messianica. Ma oggi si innalzano muri elettronici
più sofisticati
intorno a ricche isole. Il pensiero unico retto dal mercato è
appena egemonico, ma non è così unico. C’è
una gran resistenza e creatività ai bordi. La peggiore è
quella terrorista, ma esiste molta fantasia creativa
nei mezzi popolari con ispirazioni etniche al di fuori del cammino
dell’Occidente. La venuta del Messia non presenta una logica
prevedibile,
e sorprende sempre perché proviene dal lato inaspettato. La
teologia della libertazione ha insistito molto su questo: il Messia
proviene dal basso, dal lato dei poveri, anche se sembra una pazzia.
Ma è la pazzia del Vangelo o, al contrario, non sarà
Vangelo. Tutti coloro che si sono presentati con arie messianiche
potenti hanno provocato tragedie.
(5) Secondo lei, quali sono stati i maggiori malintesi sulla
teologia della libertazione?
- Non so se ci sono stati malintesi o disonestà nella critica
fatta alla teologia della libertazione per mancanza di spiritualità.
Questo significa ignorare l’insieme delle opere dei teologi
della libertazione, che hanno sempre parlato con convinzione e hanno
scritto senza mezze misure dell’esperienz
spirituale tipicamente cristiana. La teologia della libertazione è
stata, e continua ad essere, prodotta da pastori e contemplativi,
poeti e amanti
del popolo, non da burocrati di biblioteche. L’altro grande
malinteso, una lettura tipicamente illuminista sulla teologia della
libertazione, è stata quella di averla confusa con il pensiero
marxista. Disprezzare completamente Marx sarebbe come, in psicologia,
disprezzare completamente Freud, un attestato di ignoranza.Però,
chi ha detto ai marxisti che si sbagliavano quanto alla religione
come oppio del popolo è stato l’impegno della pastorale
libertatrice e la sua teologia della libertazione. In America Latina
si è fatto vedere che la pratica religiosa può ed ha
vocazione di essere trasformatrice, non fatalmente un oppio. I grandi
momenti fondatori di religione sono sempre stati rivoluzionari e non
conservatori, come ha già scritto Max Weber.
Coloro che hanno giudicato la teologia della libertazione all’interno
di sistemi teorici si trovano più vicini a Marx che essa stessa,
e danno ragione a Marx. La teologia della libertazione parte da un’esperienza
spirituale di comunità cristiane e di persone impegnate nella
trasformazione sociale, non in un’ideologia. Nessuno ha mai
invocato una lotta armata, violenza
o materialismo. Questa è un’idea dei traumatizzati e
di coloro che hanno paura della creatività popolare. È
diventato un ritornello preconcetto- Non so se ci sono stati malintesi
o disonestà nella critica fatta alla teologia della libertazione
per mancanza di spiritualità. Questo significa ignorare l’insieme
delle opere dei teologi della libertazione, che hanno sempre parlato
con convinzione e hanno scritto senza mezze misure dell’esperienza
spirituale tipicamente cristiana. La teologia della libertazione è
stata, e continua ad essere, prodotta da pastori e contemplativi,
poeti e amanti del popolo, non da burocrati di biblioteche. L’altro
grande malinteso, una lettura tipicamente
illuminista sulla teologia della libertazione, è stata quella
di averla confusa con il pensiero marxista. Disprezzare completamente
Marx sarebbe come, in psicologia, disprezzare completamente Freud,
un attestato di gnoranza.Però, chi ha detto ai marxisti che
si sbagliavano quanto alla religione come oppio del popolo è
stato l’impegno della pastorale libertatrice e la sua teologia
della libertazione. In America Latina si è fatto vedere che
la pratica religiosa può ed ha vocazione di essere trasformatrice,
non fatalmente un oppio.
I grandi momenti fondatori di religione sono sempre stati rivoluzionari
e non conservatori, come ha già scritto Max Weber. Coloro che
hanno giudicato
la teologia della libertazione all’interno di sistemi teorici
si trovano più vicini a Marx che essa stessa, e danno ragione
a Marx. La teologia della libertazione
parte da un’esperienza spirituale di comunità cristiane
e di persone impegnate nella trasformazione sociale, non in un’ideologia.
Nessuno ha mai invocato una lotta armata, violenza o materialismo.
Questa è un’idea dei traumatizzati e di coloro che hanno
paura della creatività popolare. È diventato un ritornello
preconcettoni religiose, policentrico, con sempre più partecipazione
di tutti in tutte le istanze, anche quelle gerarchiche, per condividere
autenticamente la cara comunione. Benedetto XVI ha manifestato con
chiarezza la sua intenzione di avvalorare il Collegio Episcopale,
quindi ci dovrebbe includere le Conferenze Episcopali e le regioni,
non soltanto le diocesi isolate. Si è anche manifestato con
chiarezza sull’ecumenismo e il dialogo con le tradizioni ispirate
ad Abramo, il giudaismo e l’islamismo. Sta compiendo alcuni
gesti significativi. Per ora, il grande enigma è la retorica
curiale che può esserci nei discorsi e nei gesti simbolici,
ma la forza verrà dalla capacità di decentralizzare
il potere viziato nel concatenarsi di incarichi e gerarchie fatte
tutte da nomine dall’alto verso il basso. Ciò crea patologie
di potere, come il carrierismo, il nepotismo
(parola creata nella Curia romana), il servilismo e l’infantilismo.
Altre consultazioni, altre elezioni, più trasparenza, più
competenza, tutto questo può lubrificare una macchina che si
arrugginisce. Ma il cristianesimo è più grande di questo,
soprattutto oggi: ci sono poeti e martiri, ci sono donne
missionarie che testimoniano una grande maturità evangelica.
C’è un ecumenismo sempre più intenso tra cristiani
impegnati nella società in cui vivono al di sopra delle loro
chiese. Soltanto i movimenti e organizzazioni fondamentalisti cristiani
tendono ad attribuire un forte potere all’istituzione ecclesiastica.
La vera Chiesa sarà vulnerabile, fragile, con poco potere,
povera insieme ai poveri. Come disse Giovanni Paolo I, “La storia
della Chiesa
non è la storia dei Papi, è la storia dei Santi”.
Traduzione
di Cristiana Cocco