Intervista a 
            Brunello De Cusatis
          Por Tito Lucrezio Rizzo
          Fernando Pessoa, poeta plurimo
            per eccellenza, è il grande rap-
            presentante del modernismo
            portoghese. Rapportandola all’epoca
            in cui visse, che giudizio dà Professo-
            re su questa fi gura in qualche modo
            enigmatica e sfuggente?
            Non vi è dubbio che Fernando Pes-
            soa, oltre ad avere contrassegnato me-
            glio di chiunque altro le avanguardie portoghesi epocali, sia stato 
            uno dei massimi poeti del XX secolo. Ciò det-
            to, è tuttavia alquanto riduttivo afferma-
            re che questa grandezza sia dovuta più che altro – quando 
            non del tutto, secon-
            do alcuni critici – alla sua spersonalizza-
            zione eteronimica e alla sua poesia mo-
            dernista. Appurata l’indiscussa straor-
            dinarietà, estetica e contenutistica, dei suoi versi modernisti, 
            e non solo etero-
            nimi, ritengo che siano soprattutto l’epi-
            cità, il profetismo e lo spirito mitogeni-
            co a rendere la poesia di Pessoa unica e insuperata a un tempo nel 
            panorama letterario novecentesco. Il perché è pre-
            sto detto: tali caratteristiche universaliz-
            zano questa stessa poesia, posizionan-
            dola sostanzialmente in un tempo e in un luogo indeterminati, e rappresenta-
            no il trait d’union tra il “poeta” e il “pen-
            satore” (la doppia anima di Pessoa – co-
            me ho avuto modo di defi nirla – appun-
            to quella “poetica” e quella “teorico-po-
            litica”), legame da tenere assolutamente da conto se si vuole 
            davvero indagare e decifrare il pathos pessoano.Lei ha curato la traduzione 
            ita-
            liana di tutti gli scritti, sia editi che
            inediti, raccolti e commentati in tre
            volumi (Scritti di sociologia e teoria
            politica, Politica e profezia. Appunti
            e frammenti 1910-1935 ed Economia
            & commercio. Impresa, monopolio
            e libertà, Roma 1994, 1996, 2000),
            del Pessoa sociologo, teorico della
            politica ed economista. Quali sono
            le ragioni che La hanno spinta a inte-
            ressarsi a degli aspetti dell’opera pes-
            soana così poco conosciuti e studiati,
            quantomeno fuori dal Portogallo?
            La Sua domanda implicitamente contiene già la risposta. Tra 
            i compiti spettanti ad uno studioso vi è quello di fare della 
            divulgazione. Divulgare pre-
            suppone dare a conoscere al pubblico qualcosa che esso prima ignorava, 
            par-
            zialmente o del tutto. Ora si dà il caso che gran parte della 
            critica italiana pro-
            vi un certo imbarazzo, oggi come ieri, di fronte alle posizioni ideologiche 
            ma-
            nifestamente destrorse di alcune grandi fi gure letterarie e artistiche 
            del ventesi-
            mo secolo, le quali sono da questi stes-
            si critici idolatrate fi nché araldi di un movimento estetico 
            ricco e innovativo confi nato nei limiti dell’Arte (è 
            il caso, per intenderci, di un Marinetti, di un Pound). Ma nel momento 
            in cui scon-
            fi nano nel territorio politico-ideologico e/o economico vengono immediata-
            mente viste con malcelata diffi denza, ostilità, tacciate di 
            bizzarria, di strava-
            ganza, o peggio ancora subiscono una specie di operazione di profi 
            lassi.
            Ebbene, Pessoa, come Marinetti e
            Pound (ma potrei anche citare Céli-
            ne, La Rochelle, D’Annunzio, Yeats e
            tanti altri), è stato vittima in Italia, se non proprio di 
            una vera operazione
            di profi lassi, certamente di una rimo-
            zione riguardo all’aspetto ideologico-
            politico, sociologico e fi losofi co della
            sua opera.
            In Italia è ormai da molti anni che vari specialisti di letteratura 
            portoghese hanno rivolto il proprio interesse allo studio dell’opera 
            pessoana, con tradu-
            zioni e interventi critici di rilevanza in-
            ternazionale. Un nome su tutti, quello di Antonio Tabucchi, cui spetta 
            l’indi-
            scutibile merito di aver fatto conoscere Pessoa al grande pubblico 
            italiano tra-
            mite una serie di fortunate raccolte an-
            tologiche edite in massima parte dalla Adelphi. Eppure anche Tabucchi 
            – se si eccettua qualche suo sporadico riferi-
            mento alla «scomodità» delle posizio-
            ni politiche pessoane – ha trascurato volutamente (lungi da 
            me volergliene fare una colpa!) l’aspetto socio-politi-
            co, con tutte le sue implicazioni fi loso-
            fi che, mitico-profetiche ed esoteriche, della pluripersonalità 
            di Fernando Pes-
            soa, un aspetto talmente importante da risultare diffi cile, quando 
            non impossi-
            bile, senza riferirvisi, una approfondita esegesi di molti dei suoi 
            versi. È il caso non solo di Mensagem – il suo poema 
            più conosciuto, nonché a giusta ragio-
            ne più celebrato, in cui è palese la pre-
            senza di un corpo ideologico, anche se sebastianicamente metaforizzato, 
            che ne fa un’opera indiscutibilmente pa-
            triottica e nazionalista – ma anche di À memória 
            do Presidente-Rei Sidónio Pais – tra le più belle 
            elegie mai scrit-
            te in lingua portoghese (da me tradotta in italiano e pubblicata nel 
            1997), de-
            dicata al carismatico dittatore porto-
            ghese morto assassinato nel dicembre del 1918 – e dei componimenti 
            gene-
            ralmente designati dalla critica come esoterici o rosacrociani.
           Ora è chiaro che quello di Pessoa non è 
            il pensiero di un sociologo e di un politologo di professione. In 
            lui, ra-
            zionalità ed emotività, realismo e idea-
            lismo, lucidità e vaneggiamento non di rado s’intersecano, 
            si fondono. Ciò nonostante, una tale mistione non infi -
            cia, contrariamente a quello che molti ritengono, la consistenza ultima 
            del-
            le sue intuizioni sia sociologiche che ideologico-politiche ed economiche, 
            poiché in fondo, come ebbe a scrivere Ortega y Gasset, «ragionare 
            è un pu-
            ro combinare di visioni irragionevoli». Cosicché, Fernando 
            Pessoa può essere annoverato di diritto fra quegli scrittori 
            veggenti (i già citati Yeats, D’Annunzio, Pound e pochi 
            altri), i quali, in ragione delle loro eccentriche e straordinarie 
            virtù visionarie, sono riusciti a perce-
            pire e analizzare – probabilmente, più e meglio di tanti 
            sociologi e teorici di professione – le intemperie ed i con-
            fl itti, tanto sociali quanto spirituali, del mondo moderno.
            Antero de Quental è un’altra del-
            le grandi fi gure letterarie portoghesi
            che rientra tra i Suoi interessi di stu-
            dioso, come attesta il volume da Lei
            pubblicato, in occasione del centena-
            rio della morte del poeta, Antero de
            Quental. Sonetti (Palermo 1991). In
            che misura e perché?
            Il mio interesse per Antero de Quen-
            tal risale a moltissimi anni fa. Già da studente universitario 
            (parlo, quindi, dei primi anni settanta) era insieme a Fernando Pessoa 
            uno dei miei auto-
            ri portoghesi preferiti. A ben vedere, non è casuale questo 
            duplice e con-
            temporaneo mio interesse per Antero e Pessoa, considerando che tra 
            i due, nonostante appartengano a esperienze ed epoche storiche e letterarie 
            diverse, ma pur sempre contigue (Pessoa nasce nel 1888, Antero muore 
            suicida nel 1891), esistono diversi punti in comu-
            ne: entrambi sono poeti, critici letterari, fi losofi , sociologi, 
            opinionisti politici e, non ultimo, sostenitori di una Iberia fe-
            deralista – un federalismo iberico, però, prettamente 
            culturale e spirituale. Tutta-
            via, Antero non ha avuto fuori del Porto-
            gallo, Italia inclusa, la stessa attenzione critica ed editoriale 
            riservata a Pessoa. Ritengo che in tal senso abbia subito un grande 
            torto, poiché, a mio avviso, per la sua eccezionale levatura, 
            tanto culturale e letteraria (i Sonetos Comple-
            tos rappresentano indubbiamente una pietra miliare nella storia delle 
            lettera-
            ture d’espressione portoghese) quanto umana, Antero occupa, 
            in una ipotetica scala di valori degli scrittori portoghesi d’ogni 
            tempo, una posizione prossimaa quelle di Camões e di Pessoa, 
            ossia di coloro che sono ritenuti i maggiori, quando non proprio, 
            secondo alcuni, gli unici meritevoli di rappresentare il Portogallo 
            nell’Olimpo letterario.
            I Suoi interessi culturali e letterari
            si estendono anche al Brasile. Tant’è
            che Lei dirige una collana, «Brasilia-
            na», che propone in traduzione opere
            di poeti, narratori e saggisti brasiliani
            contemporanei poco e per nulla noti
            in Italia. Il primo dei sei volumi del-
            la Collana fi nora pubblicati, e da Lei
            stesso curato, è un’antologia poetica
            (Versi puri e impuri, Roma 1996) di
            Armindo Trevisan, tra i più rappresen-
            tativi poeti gauchos, nonché validis-
            simo critico letterario e d’arte. Che
            giudizio dà Professore della poesia
            di Armindo Trevisan, anche alla luce
            dell’estetica moderna?
            Come è noto, Armindo Trevisan
            appartiene alla cosiddetta «generazio-
            ne del ‘60», certamente una genera-
            zione tra le più sincretiche e, quindi,
            dalle caratteristiche meno unifi canti
            dell’intera storia letteraria brasiliana.
            Questo spiega – pur non dimentican-
            do, quanto alle prime raccolte (A sur-
            presa de ser, 1967, e A imploração do
            nada, 1971), il suo debito contratto
            con la grande tradizione modernista
            e post-modernista brasiliana – il per-
            corso poetico personale intrapreso da
            Armindo Trevisan, che nella straordi-
            naria musicalità dei suoi versi riesce
            a coniugare coscienza rivoluzionaria,
            aneliti universalisti ed erotismo amo-
            roso; il tutto passato al vaglio di una
            profonda religiosità, di una adamanti-
            na e solida fede. E questo perché egli
            intende la poesia come strumento di
            rivelazione dell’Essere, come appren-
            dimento, da parte dell’Io, oltre che di
            se stesso, anche e soprattutto – grazie
            a un’intuizione, come dire?, ancestra-
            le – di una Verità che, per situarsi al
            di là della semplice determinazione,
            è assolutamente inanalizzabile in ter-
            mini teorici o sperimentali. Cosicché,
            per Armindo Trevisan l’atto poetico è,
            nelle sue stesse parole, il «fratello mi-
            nore dell’atto creatore divino, nella
            misura in cui la nostra luce è rifl esso
            di una Luce più alta».Essendo Lei italiano e docente 
            di
            Letterature portoghese e brasiliana
            all’Università degli Studi di Perugia,
            può dirci qual cosa in merito alla dif-
            fusione e all’esito della lingua porto-
            ghese e delle letterature portoghese e
            brasiliana nell’Italia odierna?
            Se negli anni cinquanta e sessan-
            ta le cattedre di Lingua e letteratura
            portoghese erano fondamentalmente
            solo due, quella di Napoli e quella di
            Roma, più un’altra, sempre a Roma,
            di Letteratura brasiliana (di cui era re-
            sponsabile Murilo Mendes), oggigior-
            no sono più di venti, sparse da Nord a
            Sud del paese. E, quel che più conta,
            gli insegnamenti di Lingua e letteratura
            portoghese e di Letteratura brasiliana,
            che fi no all’anno scorso erano separati
            (uffi cialmente, esistevano in Italia non
            più di cinque cattedre di Letteratura
            brasiliana), attualmente, con l’entrata
            in vigore dei nuovi ordinamenti uni-
            versitari, sono accomunati sotto le di-
            citure: “Letterature portoghese e brasi-
            liana” e “Lingue e traduzione – lingue
            portoghese e brasiliana”.
            Tuttavia, non ci si deve assoluta-
            mente accontentare di tali risultati. È
            possibile andare oltre. Dobbiamo in-
            sistere, noi docenti, nello stimolare e
            coinvolgere gli organi governativi in
            quello che deve essere considerato
            un obiettivo prioritario: l’insegna-
            mento della lingua portoghese nelle
            scuole medie superiori italiane, così
            da riconoscerle fi nalmente l’impor-
            tanza che ha conquistato nel corso
            dei secoli, per essere odiernamente
            parlata in quattro continenti e da più
            di duecentomila persone.
            Quanto poi alla diffusione e al-
            l’esito delle letterature portoghese e
            brasiliana in Italia, il volume di infor-
            mazioni da dare è di tale portata che
            è praticamente impossibile affrontare
            l’argomento nel corso di una intervi-
            sta. Posso però assicurare che, quanto
            alla letteratura brasiliana (la quale, tra
            l’altro, ha avuto e continua ad avere
            in Italia, rispetto a quella portoghese,
            una maggiore diffusione), tutti i suoi
            più rappresentativi poeti e romanzie-
            ri risultano tradotti, inclusi molti delle
            ultime generazioni.