Arte e
tecnologia, ecco la nostra doppia carta vincente
Francesco Alberoni
Na crisi della Fiat mette
in evidenza una malattia che sta insidiando il sistema produttivo
italiano: la perdita della qualità. Ho detto qualità
e non competitività come si ripete spesso. Io posso essere
competitivo riducendo la qualità ed abbassando il prezzo. E
una strada che seguono molti Paesi in via di sviluppo. Ma i Paesi
più sviluppati devono cercare di crescere facendo prodotti
che gli altri non fanno e non possono fare. Gli Stati Uniti ci riescono
grazie ai grandi centri di ricerca, la creazione di brevetti, lenorme
anticipo che hanno accumulato nel campo dei computer, della genetica,
delle biotecnologie, dellinformazione, del cinema dove impongono
dappertutto i loro prodotti e dove sono allavanguardia nella
rivoluzione digitale.
Noi italiani dobbiamo agire nello stesso modo nei settori in cui siamo
più dotati. E quanto abbiamo fatto negli ultimi decenni
nel campo del gusto, dello stile di vita. Lesempio più
importante è quello dellindustria della moda. Negli anni
Settanta avevamo buoni produttori di tessuti, ottimi sarti, stupendi
artigiani, ma la moda la facevano Parigi, lInghilterra e perfino
gli Usa. Poi abbiamo reagito. I tessutai di Biella, i setaioli di
Como, hanno fatto investimenti nel campo artistico, tecnologico e
promozionale.
Sono emersi gli stilisti: Armani, Versace, Krizia, Trussardi che si
sono affiancati a nomi celebri come Capucci. Abbiamo inventato il
vestito pronto, il prét-à porter, e Milano è
diventata la capitale della moda.
Poi ci siamo affermati negli accessori, negli occhiali, nei profumi,
nellarredamento, nel cibo con la dieta mediterranea e la ristorazione.
Cioè con quanto è connesso al bello, al comfort. Negli
anni Ottanta il gusto italiano si è imposto in tutto il mondo.
Ma attenti, questo risultato è stato ottenuto combinando quattro
fattori: una grande creatività, una elevata ricerca tecnologica
che ci teneva allavanguardia, la cura rigorosa della qualità
e la capacità di mettere a frutto le nostre risorse artigianali.
Nel campo dellautomobile ha agito nello stesso modo Luca di
Montezemolo portando al successo sportivo ed economico la Ferrari.
Purtroppo la Fiat non ha mantenuto lo stesso livello e i suoi prodotti
sono stati soppiantati da altri di qualità superiore. Ma la
sua crisi è il sintomo di una malattia più estesa. Molte
ditte trasferiscono le loro produzioni allestero dove la manodopera
costa meno. E,così facendo, investono meno in innovazione tecnologica
in Italia, larma con cui sono sempre stati allavanguardia,
e ne soffre la qualità. Scompaiono i nostri grandi artigiani.
I giovani escono dalluniversità con poca cultura e senza
le abilità dei genitori. Gli stilisti hanno difficoltà
a trovare bravi sarti e sarte, scarseggiano i maestri della pelle,
gli orafi, a Murano i maestri vetrai, e così in tutti i campi.
E noti va meglio nella ricerca avanzata. Troppi professori universitari
sono più occupati a mettere in cattedra gli allievi portaborse,
con cui aumentano il proprio potere, che a valorizzare i ricercatori
di genio. E la riforma annunciata rischia non di migliorare, ma di
peggiorare la situazione.
Il valore, leccellenza, la qualità, la combinazione di
arte e scienza, fare ciò che gli altri non fanno, che non sanno
fare, puntare su ciò cheti rende. unico, che spinge la gente
a cercarti: questa, per un Paese come il nostro, è la sola
arma vincente. Se lu perdiamo, se ci accontentiamo, se ci livelliamo,
siamo perduti.