Ricordo di Tonino D'Angelo
Giovanni Meo Zilio
Chi
come me ha conosciuto e frequentato non occasionalmente il prof. Giuseppe
D’Angelo (per noi “Tonino”) non ha bisogno che se
ne illustri la poliedrica personalità che lascia una traccia
importante dietro di sé. Comunque se ne può abbozzare
un breve profilo.
Nativo di un piccolo paese del più profondo sud e appartenente
ad una famiglia di modeste origini, fin da giovane, seguendo la sua
natura anticonformista e “ribelle”, ha fatto il grande
salto della sua vita trapiantandosi al nord e cominciando, con grandi
sacrifici, a Padova, la sua carriera di insegnante.
Ben presto volle associarsi alle mie attività di docente
universitario in quella città e alle ricerche da me coltivate
sulla lingua e la letteratura ispanoamericana. Successivamente mi
seguì nel mio trasferimento all’Università
di Firenze dove lo ebbi fra i miei più stretti collaboratori.
In quel periodo consolidò la sua preparazione scientifica e
sviluppò l’entusiasmo per le culture latinoamericane
che lo portarono poi a chiedere di essere destinato dal Ministero
degli Affari Esteri al continente sudamericano dove operò egregiamente
in diversi Istituti Italiani di Cultura per la diffusione della nostra
lingua e civiltà. Nella sua qualità di Direttore degli
stessi promosse le visite di importanti personaggi della cultura italiana
nei vari paesi dell’America Latina mettendo sempre a disposizione,
insieme ai mezzi istituzionali, le proprie energie e la profonda conoscenza
dell’ambiente. Anche queste furono esperienze importanti che
ne arricchirono la personalità e la vita.
Dopo il pensionamento scelse di rimanere in Brasile insieme alla amata
consorte brasiliana Signora Marinete che gli è stata vicina
anche intellettualmente.
Oltre ai lavori scientifici ha pubblicato numerosi articoli su argomenti
di attualità socio-culturale in vari giornali e riviste: soprattutto,
ultimamente, in Comunità Italiana di Rio de Janeiro; senza
contare le innumerevoli conferenze e l’organizzazione di importanti
manifestazioni culturali.
Sul piano umano era persona sempre disponibile, e non solo nel suo
ruolo istituzionale, ma per chi ricorresse a lui. Aveva il culto dell’amicizia
e lo dimostrava immancabilmente ad ogni occasione, era generoso con
i poveri, gli umili e gli indifesi: soprattutto se bambini per soccorrere
i quali non lesinava sacrifici personali.
Ha lasciato in me, che lo ho avuto come discepolo nel campo scientifico
e come fratello nel campo affettivo, un vuoto incolmabile.
Sono certo che anche i suoi discepoli ne sentiranno a lungo la mancanza.