Nella mia memoria: Giuseppe 
            D'Angelo, c'era una volta un Re
          Fabrizio 
            Fazio 
           C'era 
            una volta un Re. Era rispettato e amato dal suo popolo e dai suoi 
            amici; odiato e combattuto dalla maggioranza silenziosa. Che egli 
            fosse re non c’erano dubbi. Aveva il piglio e la parola; l’esperienza 
            e la generosità, ma anche la radicalità. Invecchiava 
            bene e stava rivolgendo la sua attenzione alla letteratura della memoria. 
            Ma anche al comunismo possibile, ovunque.
C'era 
            una volta un Re. Era rispettato e amato dal suo popolo e dai suoi 
            amici; odiato e combattuto dalla maggioranza silenziosa. Che egli 
            fosse re non c’erano dubbi. Aveva il piglio e la parola; l’esperienza 
            e la generosità, ma anche la radicalità. Invecchiava 
            bene e stava rivolgendo la sua attenzione alla letteratura della memoria. 
            Ma anche al comunismo possibile, ovunque. 
            Ricordava, raccontava e scriveva.
            La sua voce, il suo ritmo, le sue storie. Quella voce mi manca, ci 
            manca. Un crescendo che cumulava se stesso. Che inseriva l’ 
            interlocutore nel sonoro fiume delle sue parole. Così nei racconti 
            di Tonino si percorrevano, al suono della sua voce e dei suoi ampi 
            gesti, le sue vicende avventurose e picaresche, esilaranti e soavi. 
            Scorrevano le immagini dei suoi incontri con: Borges, Moravia, Pontecorvo, 
            Marlon Brando, Andreotti. Delle partite carte notturne con il generale, 
            presidente peruviano Alvarado. Della drammatica, ma esilarante Beirut 
            dei commerci e degli scontri tra fazioni. 
            Delle profonde amicizie nate in contesti di estrema difficoltà. 
            Anche te avevi la sensazione di essere stato dentro quelle storie 
            incredibili: personali, amatorie e politiche, storiche. Una caratteristica 
            dei racconti di Tonino era che nell’analisi dell’attualità 
            o del recente passato associava spesso, come metro di misura, di contrappasso, 
            l’ infanzia durissima, la famiglia, la tradizione, le difficoltà 
            nei primi lavori, l’emigrazione al Nord Italia. Con i pochi 
            strumenti di un uomo del sud credendo però nel riscatto dei 
            meno favoriti. Un riallacciare l’ orgoglio delle cose realizzate 
            rispetto alle scarse premesse. Il ritenere necessario tutto ciò 
            che faceva. 
            Per tutto questo è importante, sarà importante, ricordarlo. 
            Anche per chi non l’ha conosciuto. E’ bene che sappia. 
            Tonino D’Angelo diceva nei suoi ultimi giorni: “Che grande 
            fortuna che ho avuto, che vita meravigliosa ho vissuto, che persone 
            fantastiche ho conosciuto e amato”. “Oramai so riconoscere 
            le persone eccezionali al volo; so anche dargli la fiducia che cercano; 
            per me è una gioia scommettere su di loro”. E’ 
            vero Tonì. 
            Ma tu ci hai visti come in uno specchio. Proiettando il tuo entusiasmo 
            su di noi. 
            Ora noi, orfani di te, in tempi di sospetti e di insicurezza, riceviamo 
            questa tua eredità; e dobbiamo cercare tra la moltitudine quel 
            volto che ti assomiglia e, trovatolo, poter infine dire: “che 
            persona formidabile ho conosciuto, mi ricorda Tonino”.