Giuseppe D'Angelo, un uomo da non dimenticare

Gina Magnavita Galeffi
Mauro Porru
Flora de Paoli Faria

Ricordare Giuseppe d’Angelo da parte dell’ABPI è doveroso, non solo per gli aiuti concreti che l’ “Associação Brasileira dos Professores de Italiano” ha ricevuto da lui quando era Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di San Paolo e di Rio de Janeiro, ma per il continuo stimolo che, come amico personale di molti di noi professori di italiano, ci ha dato durante questi quasi ventiquattro anni di esistenza dell’associazione. Come dimenticare l’entusiasmo e la generosità con cui ha accolto il nostro primo congresso nel 1982, a San Paolo, provvedendo alle spese dei colleghi che venivano da altri stati affinché potessero partecipare all’evento e la sua collaborazione al secondo congresso, avvenuto anch’esso a San Paolo nel 1985 e a quello di Rio de Janeiro, del 1989. Sempre attento a possibili miglioramenti della didattica dell’insegnamento dell’italiano in Brasile, cercava affannosamente di cambiare lo status quo di certi corsi di lingua basati su metodi rigidamente tradizionali e suggeriva altri modi di diffondere la cultura italiana che potessero sostituire i triti e ritriti programmi ministeriali. Con il suo modo di fare vulcanico, a volte affettuosamente aggressivo, contestava i piani di studio delle università brasiliane che considerava limitati e inadatti ad un efficace apprendimento dell’italiano e si infastidiva parecchio quando noi docenti universitari gli facevamo presenti gli ostacoli burocratici, amministrativi ed accademici che impedivano un loro celere e radicale rinnovamento. Per ovviare a queste difficoltà e far sì che i professori di italiano potessero aggiornarsi, ottenne, nel 1987, più di 20 borse di studio per docenti di italiano di vari atenei brasiliani, presso l’allora Scuola di Lingua Italiana per Stranieri, oggi Università per Stranieri, di Siena, che organizzò dei corsi di aggiornamento metodologico specifici per i colleghi brasiliani. Questa feconda esperienza si ripetè nel 1989 e nel 1991, presso le Università per Stranieri di Siena e di Perugia. Anche quando non ha più avuto l’incarico di direttore dell’Istituto Italiano di Cultura, D’Angelo non ha mai smesso di collaborare attivamente con l’ABPI e di partecipare ad eventi in cui studiosi di italianistica fossero presenti. Lo dimostra il fatto di non aver rinunciato all’impegno assunto con la commissione organizzatrice dell’ultima “Semana de Neolatinas” dell´UFRJ, tenendo la sua conferenza, nonostante le sue malferme condizioni di salute, poco prima della sua scomparsa. Negli anni il suo corpo è invecchiato, i suoi lunghi capelli, quasi sempre legati a coda di cavallo, sono diventati bianchi, ma il suo spirito no, è sempre rimasto quello di un giovane rivoluzionario desideroso di superare qualunque barriera, che aborriva lo squallore di una vita piatta e di una carriera priva di grandi sfide. Un giovane rivoluzionario assetato di novità, che ruggiva come un leone ma che aveva un cuore tenero e generoso, che sfidava i potenti per aiutare i più bisognosi. Per concludere queste poche parole in suo omaggio ci piace rivederlo nel suo accogliente appartamento pieno di testimonianze di una vita ricca di esperienze e dedicata alla divulgazione della cultura italiana, affettuoso e sollecito durante piacevoli riunioni organizzate per preparare nuovi piani di azione, in cui si beveva dell’ottimo vino e si gustavano delle squisite pietanze preparate da lui. È difficile scordare il fervore con cui prendeva parte alle discussioni, la carica che riusciva a trasmettere, il suo volto scarno, i suoi occhi vivi e penetranti. D’Angelo è stato per noi dell’ABPI un grande esempio di idealismo, di perseveranza e di coraggio per difendere e cercare di mettere in pratica le proprie idee. Ci mancherà molto.

 


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