Le tradizioni venete in Argentina
e in Messico
Giovanni Meo Zilio
Oggigiorno
la comunità italianofona più esemplare in argentina
è quella di Colonia Caroya, a una cinquantina di km da Cordoba.
Si tratta di una comunità, oltre diecimila persone, veneti
e friulani, che risale al 1878 e nella quale dopo più di un
secolo si parla ancora il friulano o il veneto a livello comunitario.
Al suo interno i veneti fra di loro parlano il veneto e per lo più
comunicano in friulano con i friulani maggioritari e in spagnolo nelle
relazioni pubbliche , ufficiali ed amministrative. E un fenomeno
straordinario di trilinguismo che può presentare, per gli studiosi,
materiali particolarmente interessanti. Altrettanto interessanti sono
le tradizioni etnologiche ed etnomusicali, friulane o venete, e le
loro interrelazioni allinterno di tutta la colonia, la quale
si è conservata più viva e vitale che altrove appunto
perché essa mantiene ancora la sua omogeneità e identità
culturale e agro-tecnologica rispetto al contesto autoctono, di origine
più che altro meticcia, da cui si sente, per certi aspetti,
diversa (può essere sintomatico il fatto che gli autoctoni,
in relazione alla tinta più scura della loro pelle, sogliono
venir chiamati, magari affettuosamente, i negri). Alcuni
di questi cosiddetti negri, che ovviamente neri non sono,
parlano e cantano addirittura in friulano o in veneto. Lesemplarietà
di questa civilissima isola linguistica è stata
fatta conoscere in Italia, a suo tempo, da un servizio televisivo
dalla RAI-TV estrapolato da una ampia messe di materiali filmati (linguistici,
etnografici e ambientali) raccolti con la consulenza scientifica dallautore
di queste pagine.
Nei pressi del territorio municipale di Colonia Caroya, e confinante
con lo stesso, si trova, a una trentina di km da Cordoba, unaltra
comunità minore, venetofana in origine, dove in alcune famiglie
si sente ancora il dialetto veneto di tipo trentino. Si tratta di
Colonia Tirolesa la quale deve il suo nome al fatto che i suoi fondatori
(una famiglia di emigranti che provenivano dallo Stato di Santa Catarina
in Brasile dove si erano fermati per una decina di anni, alla fine
del secolo) erano di origine trentina (o tirolese, come allora si
diceva). La sua particolare importanza per i dialettologi risiede
nella possibilità di comparare la loro lingua con quella della
originaria comunità trentina rimasta in Brasile (precisamente
nella zona che oggi si chiama ancora Nova Trento, nel suddetto stato
di S. Catarina) per accertarne il grado e i modi di evoluzione-conservazione
rispetto al diverso contesto socioculturale (si tenga conto che i
primi pionieri dovettero abbandonare il contesto portoghese-brasiliano
e adattarsi a quello spagnolo-argentino).
Al sud di Buenos Aires e ad est di Neuquén (provincia di Rio
Negro), nella prima fascia del deserto della Patagonia, si è
installata, a partire dagli anni venti del secolo scorso, unaltra
colonia di immigrati italiani, in gran parte veneti,che si sono andati
via via mescolando con altre etnie e si sono estesi nelle zone viciniori
lungo lo stesso Rio Negro (superando le 200 famiglie nel solo tratto
che va da Mainqué a Lamarque). Si tratta di Villa Regina, che
ormai è diventata una città e dove i nostri conterranei
(che sono in maggioranza trevisani) continuano ancora a parlare il
veneto a livello familiare e comunitario; il che non può far
meraviglia se si tiene conto, da una parte, del fatto che si tratta
di una immigrazione relativamente recente, e , dallaltra, del
tradizionale attaccamento dei veneti, in generale, alla loro lingua.
Ciò che invece non cessa di stupire è il miracolo tecnologico
ed economico da essi realizzato nel far crescere nel deserto il più
importante frutteto dellArgentina il quale fornisce (soprattutto
di mele) tutta la repubblica e, in parte, il Brasile. Tale trasformazione
è stata possibile grazie alla canalizzazione del Rio Negro
realizzata allinizio del secolo su progetto dellIng. Cipolletti
e con manodopera italiana. La loro lotta contro le avversità
naturali (innanzitutto i venti freddi che soffiano dal polo sud e
che sempre minacciano le coltivazioni) può considerarsi anchessa
una vera epopea, vissuta tuttavia ancor oggi senza nessuna iattanza,
anzi con quella sobrietà e quella misura (quasi unatavica
umiltà) che caratterizza tradizionalmente e notoriamente il
contadino veneto.
Nella comunità rimangono vive più che altrove, per motivi
suddetti, oltre alla lingua, le vecchie tradizioni popolari ben note,
come quella del gioco delle bocce e dei canti veneti della montagna.
Linteresse, rispetto alle altre comunità, risiede soprattutto
nel fatto che sono ancora vivi, accanto alla II e III generazione,
alcuni dei primi immigrati, il che consente fra laltro di confrontare
dal vivo le rispettive parlate allinterno dei campioni omogenei
e quindi direttamente comparabili.
1. MESSICO: IL CASO DI
CHIPILO ED ALTRE COLONIE MINORI
Nel
Messico, a Chipilo, nei pressi di Puebla, a circa 130 km a sud-est
di Città del Messico, si trova unaltra importante comunità
di oriundi trevisani, di circa 15.000 abitanti, i cui antenati partirono
nel 1882 da Segusino, un paese a 5 km da Valdobbiadene (essi hanno
celebrato infatti nel 1982 il loro centenario in collaborazione col
Comune di origine). Oltre a mangiare la polenta e radici o i risi
e bisi, gli anziani parlano ancora correntemente lalto trevigiano
di un secolo fa, naturalmente con interferenze spagnole.
Anche tale comunità può essere considerata emblematica
per la sua omogeneità
e relativa integrità che hanno resistito per più di
un secolo alle naturali spinte centrifughe verso il contesto messicano
che ovviamente tende ad assimilarla. Ad essa si aggiungono innanzitutto
altre due comunità più piccole (ma non meno significative),
derivate dalla comunità madre di Chipilo, che rappresentano
unemigrazione interna avvenuta negli anni Sessanta del 900
quando, a conseguenza dellaumento di popolazione, i poderi acquisiti
allinizio non erano più sufficienti. La più estesa
territorialmente (e tecnologicamente più avanzata nellalle-vamento
del bestiame) è La Perla de Chipilo (una ventina di famiglie
su circa 600 ettari di campagna) nello stato di Guanajuato, a circa
300 km da Città del Messico in direzione nord-ovest, la quale
pure è particolarmente interessante , dal punto di vista socio-linguistico,
date le sue caratteristiche di isolamento, e quindi di maggiore conservazione
, rispetto a Chipilo. Laltra (una dozzina di famiglie su circa
400 ettari di campagna) è La Gachupina, sempre nello stato
di Guanajuato, a un centinaio di km a sud-ovest della precedente ,
e a 4 km dalla città di El Valle de Santiago dove la parlata
veneta sta perdendosi più rapidamente che a La Perla, appunto
per la stretta vicinanza della suddetta città dal cui municipio
essa dipende e la conseguente facilità di scambi con la stessa.
In tutte due queste comunità derivate è rimasto vivo
lattaccamento affettivo verso la comunità-madre di Chipilo
con la quale permangono contatti familiari e sociali frequenti e dove
molti addirittura ritornano a farsi seppellire dopo morti. In ambedue
sembra meno viva, rispetto a Chipilo, la memoria storica della patria
originaria ma ugualmente viva la coscienza della propria identità
etnica oltre a quella della propria capacità lavorativa e agrotecnica
(culturale , in senso lato) rispetto al viciniore contesto meticcio
(comunque la memoria storica di Chipilo ha quasi del miracoloso se
pensiamo che per più di centanni anchessa è
stata di fatto dimenticata dalla madrepatria e abbandonata a se stessa).
Nelle vicinanze della suddetta La Perla si trovano altri gruppi familiari
isolati, sparsi qua e là. Il più vicino ( a circa 5
km) è quello di La Pilarina dove vivono, su un centinaio di
ettari di campagna, una dozzina di famiglie, anchesse provenienti
da Chipilo ma giuntevi più tardi (1975-1976); praticamente
tutte parlano ancora veneto. A una trentina di km, nel municipio di
San José Iturbide, si trovano altri piccoli gruppi familiari
fra i quali il Rancho de la Paloma, il Rancho de las Liebres e il
Rancho Nacimiento. Unaltra piccola comunità dovuta anchessa
a emigrazione interna, ma non derivata da Chipilo bensì da
quella, linguisticamente scomparsa, di Diez Guttérrez (nello
stato di San Luis de Potosì, nei pressi di Ciudad del Maìz,
dove lautore di queste righe ha potuto registrare nel 1987 il
parlato dellultima venetofona ultraottan-tenne), è Colonia
Venecia, nel municipio di Teoloyucàn, a pochi km a nord di
Città del Messico,la quale, appunto per la pressione della
capitale, è in via di estinzione linguistica. Tuttavia i vecchi
contadini vi parlano ancora il veneto a livello familiare e conservano
alcune tradizioni antiche come quella del giuoco delle bocce. I giovani
ormai sono completamente messica-nizzati.
Sempre a pochi km a nord di Città del Messico troviamo altri
gruppi di famiglie sparse che ancora parlano abitualmente il veneto.
Soprattutto nei municipi di Ecatapec, Coacalco, Cuautitlàn
(Con Tultepec).
2. CONCLUSIONI
Questa premessa ha voluto
solo essere un breve spaccato storico e descrittivo, ma soprattutto
umano, di quel commosso e commovente fenomeno della nostra
emigrazione veneta nellAmerica Latina che tanto ha coinvolto,
fin dai primordi, il nostro territorio trevisano a cominciare dal
vittoriese (basti pensare che per il solo Comune di Vittorio Veneto
ci sono oltre 1.600 cittadini iscritti nelle liste elettorali ancora
residenti allestero senza contare gli oriundi che sono in attesa
di riconoscimento della cittadinanza o che non lhanno chiesta
pur avendone diritto (e sono in numero incalcolabile). E un
dato che deve fare riflettere.