Nós os Ítalo-Gaúchos

Prof. Dr. Livio Panizza

Il libro “Nós os Ítalo-Gaúchos” pubblicato dall”Università Federale di Rio Grande do Sul, 1996 in occasione delle manifestazioni culturali per i 120 anni dell’imigrazione italiana a Rio Grande do Sul, non si propone di fare uno studio storico, sistematico o accademico dell’imigrazione italiana, neppure una ricerca del processo evolutivo dell’ identità etico-culturale dell’Italo-Gaúcho.
Le diverse interpretazioni della vita, della cultura, del lavoro, dell’etica dell’Italo-Gaúcho espresse nella presente coletanea dai 48 articolisti danno, a prima vista, l’impressione di una giustaposizione di articoli con punti di vista differenti e persino contrastanti, ma questa prima impressione, man mano avanziamo nella lettura, svanisce per lasciar posto ad un insieme dove emergono in forma chiara alcuni aspetti fondamentali ed essenziali che vogliamo mettere in rilievo.
Dal 1875 al 1914, 80.000 imigrati italiani lasciarono le regioni della Lombardia, del Veneto, del Trentino, del Tirol per stabilirsi sull’altopiano del nord-est gaucho. La colonizzazione italiana, pur presentando una serie di imbrogli ed errori nel processo di organizzazione e di sistematizzazione, ha dato origene ad una società democratica e singolare, sia in rapporto alla patria d’origine come alla patria che la accolta.
È importante dire che la presenza italiana nel Rio Grande do Sul fu anteriore al movimento imigratorio; là passarono e lasciarono le loro impronte architetti, scultori, pittori, musici, scenziati, sacerdoti, politici; ma fu come propritari di terra(1) che gli imigrati fecero un’esperienza che non avevano mai fatto in Italia, confermando ciò che dice Ligia Cademartori: “L’imigrazione è una metafora della dura ricerca di affermazione nella nuova terra, di una lenta conquista delle possibilità annuciate, di confronto, di solitudine “(2). A quest’esperienza di essere padroni della terra se ne aggiunge un’altra non meno importante, messa in rilievo da Eduardo Dall’Alba: “Lo stoicismo, l’imparare tramite la sofferenza, la dedizione al lavoro, la forte religiosità, ed una particolare tenacia in affrontare le ostilità, unita ad un’assurda capacità di sopravvivere nell’ avversità durante lunghi periodi, hanno dato agli imigrati la possibilità non solo del dominio della natura, ma di creare un nuovo spazio per lo spirito, l’invenzione di un nuovo futuro”(3).
La presenza dello spirito degli antenati continua pur oggi viva come parola d’ordine, i valori: sacrificio, lavoro, vincere o vincere, laboriosità, religiosità, forza morale, “fare l’America”, “la furbizia”, “la sabedoria dei veci” hanno tessuto una rete di indizi, di impronte che vincolano le nuove generazioni ad un passato paradossale che è, allo stesso tempo, stimolo verso un futuro di lotte e vittorie ed un ricordo di un passato difficile, però vittorioso. È in questa dialettica tra residui di italianità, persistenza della tradi-zione ed il sorgimento del nuovo che cammina l’Italo-Gaúcho. Porta con sè indizi, impronte di un passato “i nonni”,”i veci” non come elementi di paralizzanti ma come stimolo operante e reflessivo.
È in questa direzione che Odaci Luiz Coradini(4) mette in rilievo le difficoltà intellettuali, sociali e instituzionali quando si vuol delineare l’identità etnica di questo gruppo singolare. Il gruppo imigratorio che occupò le terre del sud non era omogeneo; proveniva da diverse regioni dell’Italia, non sempre considerate italiane, come pure era diverso nella definizione degli interessi politici, religiosi, economici, come pure erano diversi i rapporti con l’elite tanto italiana come brasiliana. Al voler definre l’dentità etnica di questo gruppo, si sono imposti valori radicali come: etica del lavoro, ideologia dell’ascensione sociale, pionerismo, tenacia, coraggio, determinazione, abnegazione, furbizia, religiosità, dialetto..
Una delle questioni importanti che Odaci Luiz Coradini solleva al trattare dell’identità riguarda al significato ed al uso che possono essere attribuiti all’identità:Mettere in evidenza l’impronta di italianità?
Allontanre l’italiano dal brasiliano? Folclorizzare il colonno? Rafforzare le caratteristiche unificatrici comuni o intensificare le differenze?
Pur tenendo presente le difficoltà ed rischi di una definizione dell’identità, affermiamo con Tania Maria Zardo Tonet che: “L’identità culturale è il cammino dell’autoconos-cenza e la ricerca di maturità, con profondi riflessi nella coscienza politica e sociale(5). In questo senso anche Italo Marcon cita Guilhermino César: “L’italianità conge-nita e la brasilianità acquistata sono due punte di un dilema che si risolvono con il tempo, nell’integrazione di una cittadinanza realmente assunta, sopra ed oltre gli interessi economici che condizionarono al principio il flusso imigratorio”(6).
Una parte del libro riguarda a testimonianze, ricordi, nostalgie, congedi, fotografie, aspetti profondamente umani presenti in questa saga imigratoria. Non manca la prezenza patriarcale e cara dei “nonni” e delle “nonne” figure molto tristi, di una tristezza che giace nel fondo degli occhi, una “saudade” che sembra non aver più rimedio(7). La moglie dell’imigrante fu scolpita come regina ed angelo della casa, prototipo della donna dedicata esclusivamente alle cose domestiche, capace di risparmiare, reciclare, rattopare, approfittare tutto, nulla sprecare, oltre le qualità morali come: lavoro silenzioso, temperanza, serietà, sopportare, inghiottire, dissimulare, pregare... pregare.
Due opere sorte dalla tematica imigratoria italiana sono presentate da Silvino Santin, “Nanetto Pipetta” di Frate Paulino (Aquiles Bernardi) una base per uno studio del profilo antropologico culturale dell’imi-grante redento(8) e il “Quatrilho” di José Clemente Pozenato dove presenta una nuova architettura antropologica-culturale pos-centenaria dell’imigrazione italiana capace di offrire elementi per l’elaborazione del profilo antropo-logico culturale femminile.
L’oralità dialettale della regione italiana del sud è presentata da Vitalina Maria Frosi. Per meglio capire il fenomeno linguistico stabilisce una correlazione tra il processo storico-economico-culturale ed il processo sociolinguistico(9).
Dopo aver analizzato le diferenti posizioni possiamo concludere che la colonizzazione italiana nel sud del Brasile risultò in una costruzione originale di una Italia-Gaucha e di un Rio Grande Italiano. Il dilema, essere gaúcho o essere italino, sparisce con l’affermazione del doppio orgoglio di essere italiano nella radice dei “nonni”e di essere gaucho-brasiliano unito alla brasilianità.
Il libro offre importanti indicazioni per uno studio antropologico di quest’etnia tutta particolare, per una ricerca dell’economia, della religiosità, dei valori culturali di questo Italo-Gaucho che è espansivo, che diffonde gioia di vivere, che usa larghe “bombachas”, grandi baffi, grandi cappelli, ed ospita un grande cuore.

 


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