Forme Semplici e Forme Brevi
Umberto
Eco
Nel
1930 usciva un libro di André Jolles intitolato Einfache
Former ovvero Le forme semplici, che analizzava
alcune forme letterarie, in massima parte tipiche della cultura popolare,
che si caratterizzavano per la loro brevità ma sopratutto per
la loro semplicità strutturale, nel senso che erano e sono
sempre state regolate da alcune leggi che i loro autori (talora non
individui ma intere comunità) seguivano fedelmente. Erano per
esempio lindovinello, il morto di spirito, ma ache il mito,
il racconto, la leggenda. Molta della teoria narrativa di tradizione
strutturalistica si è basata su (o è partitada) forme
semplici, e si pensi a come Propp aveva individuato le principali
funzioni narrative nelle fiabe russe, o como Lévi-Strauss analizava
i miti.
Isomma, il problema delle forme semplici rimane sempre un banco di
prova affascinante, e potremmo includere nella categoria i limericks,
gli haiku giapponesi, gli aforismi o le massime e i detti memorabili,
sino ad arrivare alla canzone popolare e via dicendo.
Il libro ora curato da Isabella Pezzini, Trailer, spot, clip,
siti, banner Le forme brevi della comunicazione audiovisiva.
(Roma, Meltemi, 17,60 euro), e che dal titolo già onestamente
annuncia di cosa parla, non usa la dicitura forme semplici
bensi forme brevi. Da un lato, immagino, per sottolineare
la differenza tra le forme semplici tradizionali e la particolare
natura degli oggetti audiovisivi di cui si occupa, e dallatro
preché, come si vede da vari interventi del volume, il fatto
che una forma sai breve (che è misura di durata temporale)
non vuole dire necessariamente che sai semplici (che à misura
di complessità semantica ed estetica).
Infatti ci rendiamo conto benissimo di come certi spot pubblicitari
siano sottilli, capaci talora di ironizzare su se stressi e sugli
spot che li hanno preceduti e si pensi tra le esperienze più
recenti al giovanotto che scende de scale e dice buonasera!,
che ieri si conquistava una bellissima ragazza e oram vittima egli
stesso dello spot di cui è protagonista, cade preda di una
creatura assai meno affascinante. Non solo lui, ma il pubblico è
cosi preso dal gioco che oggi si dice metatestuale, che
non assorbe una comunicazione pura e semplici ma deve ragionare sul
genere stesso della forma breve e sulla sua storia. Daltra parte
in un intervento sui videoclip anche Paolo Paverini analizza casi
di forme metatestuali.
Comunque non intendo in uma breve nota dar conto delle varie analisi
di questo libro, e rinvio soltanto allanalisi dei trailer
(quelli che qando erro piccolo si chiamavano i prossimamente)
di Nicola Dusi, degli spot (Alessandro Melchiorri), dei messaggi policiti
autogestiti (Paolo Guarino), dei banner e portale (Pietro Polidoro,
e certamente il banner, tra le forme brevi, à li più
breve di tutte), dei siti aziendali (Daniele Barbieri). Forme brevi
che ci attorniano, dunque, non sempre semplicissime, ma certo non
più regolate da leggi che si trasmettono per generazioni, como
poteva avvenire per lo strambotto, e spesso molto inventive.
Questo libro mi suscita però alcune riflessioni. Le forme semplici
tradizionali dominavano, come di diceva, l acultura popolare, e potevano
essere rilavorate, per così dire, dalla cultura colta, così
como i proverbi (sapienza dei popoli) erano transformati in aforismi
e paradossi da Wilde, Kraus e Lec (arguzia dei dotti). Ma esse coesistevano
accanto a forme complesse, il mito accanto alla sua reinterprestazione
da parte di Eschilo o Sofocle, il racconto accanto alle grandi realizzazioni
romanzesche. E non è detto che il popolo, che aveva accesso
alle forme semplici, rimanesse estraneo alle forme complesse,
perché già i fabbri al tempo di Dante cantavano l aDivina
Commedia e non erano solo gli intellettuali a leggere I
promessi sposi.
Oggi, come sempre, cè una parte di pubblico (esigua rispetto
ai sei miliardi di arbitanti del pianeta) che há acceso\so
a forme complesse come il romanzo moderno (Joyce) o post-moderno;
nessuno più, tranne qualche professore universitario, che si
occupa delle forme semplici della tradizione; e una stragrande maggioranza
di utenti che si nutre soltanto di forme brevi. La brevità
può produrre assuefazione, ed ecco che anche le case editrici,
luogo deputato un tempo per la proposta di forme complesse, se pure
non cessano di pubblicare Proust, catturano il loro pubblico attraverso
forme brevissime, libri di aforismi, battute fulminanti, formiche
che sincanzzano, detti non sempre e del tutto contraddetti.
Voglio dire che lesposizione intensiva, via audiovisiva, alle
forme brevi, può indurre a una assuefazione alla loro brevità
e velocità, e togliere il piacere e il gusto di impegnarsi
su forme complesse, che richiedono tempo e collaborazione col texto
e col suo sfondo culturale.
Col rischio, avendo perduto il senso delle forme complesse, di non
accogersi neppure quando anche la pubblicità di un detersivo
può essere breve ma non cosi semplici.