Emanuele Severino:
la filosofia dell'essere
Por Angelo Vannuci
Dopo essersi dedicato
in un primo tempo allo studio dell’idealismo classico tedesco,
e in particolare di Hegel (giustamente noto è, ancora oggi,
fra gli studi hegeliani prodotti in Italia l’originale Sistema
ed epoca in Hegel), Bodei, pur continuando a mantenere "sullo
sfondo" della propria rifl essione suggestioni hegeliane personalmente
rielaborate, ha decisamente concentrato la propria attenzione ed analisi
sul tema dell’individuo e sulle "vicissitudini" dell’identità
personale nel mutare delle epoche storiche fi no ai nostri giorni,
esaminando questi complessi nodi concettuali secondo una raffi natissima
capacità di catturare indicazioni, linee interpretative, passaggi
cruciali da un ampio spettro di autori, con una particolare predilezione
per alcuni classici come Agostino (al quale ha dedicato la monografi
a Ordo amoris [1991]), Spinoza (l’autore in assoluto più
citato in Geometria delle passioni [1991]), Freud (con l’innovativo
Il dottor Freud e i nervi dell’anima [2001]). E’, comunque,
a partire dal saggio Comprendere, modifi carsi incluso nel volume
collettaneo Crisi della ragione [1979], che si evidenzia l’interesse
di Bodei per la condizione e il destino dell’individuo nell’attuale
società. L’osservazione con cui si apre quel saggio intende
richiamare la distanza profonda, che tutti talvolta sperimentano,
tra le possibilità del comprendere, dell’analizzare (sempre
assai ampie e percorribili) e l’effettiva capacità di
accompagnare a tale lavoro trasformazioni e cambiamenti reali (sempre
molto ridotti e occasionali se non proprio assenti o apparenti): "ogni
com-prendere presuppone uno sforzo, il superamento di ostacoli, resistenze,
fraintendimenti. Ma raramente è accompagnato da una trasformazione
netta, da uno scatto in avanti della coscienza. In genere, il comprendere
non produce tali effetti". Bodei lamenta, insomma, la persistenza
di un modello ancora astratto di razionalità nel nostro tempo,
incapace di incidere attivamente nei percorsi personali con chiare
svolte o, quanto meno, modifi cazioni signifi cative nelle nostre
coscienze individuali. Da qui la necessità di sollevare precise
questioni: "Cosa blocca il movimento della comprensione trasformatrice,
rallenta o paralizza il passo della coscienza, favorisce l’instaurarsi
di una piatta routine o di una dolorosa, patologica coazione a ripetere?
Quale incidenza ha questa chiusura sulla vita individuale e sociale?".
E ancora: "Perché al livello della quotidianità
è così difficile capirsi e trasformarsi a vicenda, in
particolare tra individui che ‘la pensano diversamente’,
ossia appartengono a insiemi precostituiti? Perché si riescono
in genere a scambiare solo gli spiccioli delle nostre idee e convinzioni?".
Una risposta plausibile a domande di questo genere è rintracciabile,
secondo Bodei, in alcune osservazioni fatte da Gramsci, che invitano
a concepire la comprensione di sé (e degli altri) non come
un laborioso e astratto percorso di scavo psicologico, ma come un
signifi cativo interagire effettuale: "lo sforzo di comprendere
se stessi non implica una discesa nell’uomo interiore né
un dipanarsi anamnestico della personalità: la presa di coscienza
e la trasformazione di se stessi è la presa di coscienza e
la trasformazione del mondo in cui si è, di cui ciascuno è
il ‘centro di annodamento’: perciò si può
dire che ognuno cambia se stesso, si modifi ca, nella misura in cui
cambia e modifi ca tutto il complesso di rapporti di cui egli è
il centro di annodamento. Modifi care la propria personalità
significa modificare l’insieme di questi rapporti". Il
presupposto che rende tutto ciò possibile è costituito
dal fatto che saperi ed esperienze non formano nuclei incomunicanti
e relegati nel fondo dell’identità di ciascuno ma rappresentano,
al contrario, elementi realmente permeabili, traducibili, incrementabili,
rinnovabili, condivisibili con altri. L’analisi di Bodei attorno
all’individuo, dopo questo primo momento incentrato sulla nozione
di "razionalità trasformatrice", è poi proseguita
nel fondamentale Scomposizioni. Forme dell’individuo moderno
[1987]: stavolta l’identità personale non è più
vista come già data (o almeno defi nita nei suoi tratti essenziali)
e semplicemente da giocare e trasformare nel confronto con altri,
ma è colta nel suo tormentato e faticoso farsi, nel suo esser
sempre da plasmare con un’opera continua e sempre in qualche
modo provvisoria (per quanto spesso ci piaccia pensare alla nostra
identità personale come a qualcosa di solido e sostanzialmente
stabilizzato). Prendendo le mosse da un breve ma denso frammento hegeliano
(dal titolo "La contraddizione sempre crescente …")
Bodei rileva come la coscienza sia, in quanto tale, un’entità
segnata da profondi dissidi, che sarebbe sciocco, oltre che semplicistico
e presuntuoso, pretendere di spazzar via in vista di una presunta
defi nitiva annullabilità delle differenze: "il ‘sentimento
della contraddizione’ è provocato da lacerazioni e sofferenze
reali e il vero interesse del singolo non viene pertanto soddisfatto
dalla fuga dinanzi al dolore della scissione né da soluzioni
immaginarie a confl itti reali. Per poter riconquistare se stessi
ad un più alto livello, ciascuno deve apprendere a convivere
con le proprie lacerazioni, a sormontarle senza azzerarle". Dobbiamo
cioè accettare l’idea, già cara a Novalis, per
cui noi siamo costituiti di ignoto, di non-conoscenza, nel senso che
dopo ogni possibile conoscenza siamo sempre comunque costretti a confrontarci
con un nucleo duro, con un fondo che resiste alla comprensione, ma
che, tuttavia, è anche la condizione di incrementabilità
e di amplificabilità della nostra individualità, mai
completamente afferrabile o determinabile: "l’ignoto è
perciò immanente a tutto ciò che è noto: quanto
più cerchiamo di identifi carlo tanto più sfugge alla
conoscenza, nascondendosi e reduplicandosi all’infi nito. Ma
è vero anche il contrario: che tutto ciò che appare
ignoto è, nella stessa misura, anche noto (così come
tutto ciò che nell’immaginazione appare remoto è
anche prossimo). Nessuna caravella, nessun viaggio sono necessari
per giungere alla terra incognita dei nostri desideri. Essa è
già qui, in noi, vicina e inafferrabile, con tratti insieme
familiari ed estranei, precisi e sfuggenti, come quelli del nostro
Io. L’Io è infatti costituito , nella sua essenza più
intima, di ignoto. E’ quell’incognita ‘x’
che Kant e Fichte avevano individuato, senza risolvere. Conoscere
se stessi sino in fondo è, di conseguenza, un compito paradossale.
Possibile e persino giustamente doveroso è invece compiere
operazioni su se stessi, dividere e moltiplicare la propria unità
individuale, specifi carsi e articolarsi [senza sosta]". Già
Leibniz, ricorda Bodei, si era espresso in modo suggestivo su tutto
ciò quando scriveva: "la fi losofi a è l’arte
di comporre e di ricomporre se stessi, un’arte di specificare
e generare se stessi fino a diventare come un romanzo fatto da noi".
Questo, comunque, conclude Bodei, non significa affatto ‘giocare’
con la nozione di io, ma indica semplicemente che si è percepita
la straordinaria complessità di quella nozione. Molto netta
è, al contrario, la critica di Bodei alle molte attuali versioni
deboli, quasi inconsistenti ed evanescenti dell’identità
personale elaborate da vari autori (Goffman, Laing, Berger): in tali
autori si profila una sorta di ‘io diviso’ o ‘modulare’,
cioè assemblabile o diversifi cabile nei vari contesti e nelle
diverse situazioni vitali. Ma, osserva Bodei, "cambiare identità
come un abito smesso o assemblarsi modularmene restando immuni da
conflitti non è poi tanto facile come non lo è isolarsi
da un più vasto contesto di eventi e di tempi, ancorandosi
al now e al no future". L’io spezzato, momentaneo, modulare
non lascia alcun spazio per quanto sembra vincolante, per quanto,
cioè, si collega ai concetti di coerenza e responsabilità,
che costituiscono anche il titolo di un interessante saggio di Bodei
del 1995 dove, tra l’altro, l’autore annota: " nelle
nostre società è diventato diffi cile conservare o introdurre
valori etici largamente condivisi e relativamente stabili: soggettivamente
altrettanto diffi cile quanto l’assumere obbligazioni morali
di lunga durata. Vi è perciò una spiccata propensione
ai non-binding commitments, a impegni che non impegnano, revocabili
e comunque rettifi cabili". Una possibile via d’uscita
da tale postmoderna "frantumazione" o "dissoluzione"
dell’io viene indicata da Bodei in Geometria delle passioni:
è necessaria, cioè, una nuova alleanza, una nuova congiunzione
vitale tra ragione e passioni. Le passioni, infatti, lungi dall’essere,
come spesso sonostate concepite, alterazioni o perturbazioni, "approntano,
conservano, memorizzano, rielaborano, esibiscono" signifi cati,
valori, desideri, auspici propri dell’esperienza umana che,
senza di esse, andrebbero irrimediabilmente dispersi, dimenticati,
vanifi cati. Mettere in luce il valore epistemico, esistenziale, vitale
delle passioni significa, tra l’altro, non cedere a pressioni
sociali sempre incombenti che vorrebbero dolcemente obbligarci a desiderare
secondo forme uniche, coattive e stereotipe, signifi ca lottare per
la libera e responsabile costruzione delle nostre vite, come sottolinea
Bodei nel suo ultimo importante studio, dal titolo, suggestivo e provocatorio,
di Destini personali. L’età della colonizzazione delle
coscienze [2002].