Traversie: cinema, futurismo e espressionismo tedesco

Constança Hertz


Nel mare dorato e incerto che attraversa lo schermo del cinema, abbiamo la rappresentazione delle inquietudini principali e il rifi uto di limiti che caratteriz zano tutta l’opera di Mário Peixoto, poeta, romanziere, cineasta e sceneggiatore di Limite. Nei poemi, o nel suo unico fi lm, abbiamo un artista che sembra non essere legato a ciò che avveniva nel contesto brasiliano alla fi ne degli anni ‘20 e agli inizi degli anni ‘30.
Dalla fi ne degli anni ‘20, Mário Peixoto ha potuto accompagnare con una certa prossimità le discussioni che attorniavano il linguaggio cinematografi co, specialmente quelle sul cinema silenzioso prodotto in Europa, nell’allora Unione Sovietica e negli Stati Uniti in quella stessa epoca.1 Mário Peixoto è stato vicino, anche se indiretta mente, al Chaplin Club, un “circolo del cinema” che raggruppava giovani intellettuali della zona sud carioca interessati al cinema come opera d’arte. Affrontavano temi rife renti al cinema silenzioso, di fronte all’immanenza e al posteriore avvento del cinema sonoro2, e stabilivano dibattiti che andavano oltre gli incontri nel circolo, visto che il giornale O Fan pubblicava articoli realizzati dai membri del Chaplin Club3.
La singolarità di Limite non può essere capita senza analizzare la relazione informale ed indiretta tra il cineasta e questo circolo di cinema.4. Ed è importante mettere in risalto l’originalità di questo gruppo, visto che la prima volta che si è fatta critica cinematografi ca in Brasile è stato nel Chaplin Club.5
Chaplin Club, né ne ha frequentato le riunioni, ma sicuramente ha potuto leggere O Fan, che pubblicava articoli ove erano riprodotte le discussione del circolo, oltre ad aver avuto in Octávio de Faria un interlocutore di estrema importanza durante tutta la sua vita, e perciò si è trovato vicino all’appassionato dibattito tra questo scrittore e Plínio Süssekind Rocha6 che, come Octávio de Faria, ha pubblicati vari articoli su O Fan. Questi due, membri principali del circolo di giovani affascinati dal linguaggio cinematografi - co, si gettavano in appassionate discussioni sul cinema silenzioso che, secondo Octávio de Faria, avrebbe dovuto centrarsi sulla capacità delle immagini di lasciare esposto il mondo interno dei personaggi, mentre Plínio Sussekind Rocha difendeva l’importanza della relazioni tra i takes, ossia, difendeva lasupremazia del montaggio nel linguaggio cinematografi co.
Al Chaplin Club, dove avevano luogo anche proiezioni cinematografi che,
si preferiva proiettare fi lm d’arte e film europei, che molte volte presentavano soluzioni cinematografi che diverse da quelle che erano già conosciute grazie al cinema americano.7 Attraverso il Chaplin Club, più che mantenere contatto con fi lm d’arte prodotti fuori dal Brasile,8 Mário Peixoto è stato vicino a questioni complesse che nascevano intorno al cinema silenzioso.
Vorremmo accentuare che anche nei versi di Mário Peixoto si può notare la costruzione di immagini attraverso “tagli” e, con la giustapposizione di immagini, si può percepire un principio di montaggio su cui si basano i versi.9
Nella sua opera poetica, vi sono aspetti che appaiono con forza nei film prodotti nella Germania degli anni 20 e 30. I principi del cinema espressionista tedesco appaiono con chiarezza nel tentativo di far rivela-
re, attraverso l’espressione artistica, il mondo interno di una voce che ha bi-
sogno di esporsi e, mossa da immensa angoscia, porta i suoi fantasmi e abissi a galla in modo da avvicinarsi all’impersonale. L’universo che sorge dal-
l’opera dell’artista brasiliano, quindi, rivela una realtà così spaventosa quan-
to la realtà che rivela l’espressionismo. La lente espressionista è piena di de-
formazioni, la realtà si mostra incerta, viva, e genera sempre paura – e anche questo è il mondo di Mário Peixoto.
Secondo i cineasti dell’espressionismo tedesco, il fi lm ideale avrebbe dovuto narrare senza parole. Le immagini avrebbero dovuto essere suffi cientemente eloquenti da poterle dispensare (le parole), visto che cercavano una arrativa che prescindesse da elementi verbali. Inoltre, essendo prossimo all’Espressionismo tedesco, si può concludere che nell’opera di Mário Peixo-
to, cineasta, le opzioni estetiche e formali passano al largo dalla corrente più conosciuta del modernismo brasiliano, visto che questo, a partire dalla fi ne degli anni ‘20, camminava sempre più verso il regionalismo.
Inoltre, le discussioni del Chaplin Club si dimostravano molto distanti dal regionalismo che ha segnato il modernismo brasiliano degli anni ’20
e ’30, tanto nell’estetica cinematografica, quanto nella letteratura. Questo
cineclub presentava discussioni estetiche poco usuali nel Brasile di allora, e
Limite si avvicina alle discussioni estetiche di questo gruppo, il che potreb-
be spiegare, perlomeno in parte, la particolarità del fi lm e anche dell’ope-
ra letteraria di Mário Peixoto.
Octavio de Faria assume posizioni che possiamo identifi care come
l’espressione di una critica culturale non comune nel Brasile degli anni
’30. L’autore inizia così il suo articolo “Io credo all’immagine”:
Tutti hanno o hanno avuto nella loro vita la voglia di instaurare un
processo contro qualcuno o qualcosa. Il processo che io instaurerei
sarebbe quello della parola. Perché è realmente ciò che mi sembra de-
fi nisca meglio tutto questo movimento moderno di reazione alla
miopia materialista della fi ne del secolo scorso, che ha seriamente
compromesso l’arte, la letteratura e la fi losofi a. (…). Periodo duran-
te il quale tutta una concezione di vita è cambiata, permettendo che
si elevasse una semplice scoperta scientifi ca alla categoria d’arte.
L’apoteosi dell’immagine a cui stiamo assistendo da qui in Brasile con
la nostra impassibilità di spettatori sempre in ritardo è il risultato di
questo fallimento della parola che mi sembra evidente. Il suo rifl esso
e anche la sua spiegazione. Visto che la curva di ascensione dell’una
coincide con il declino dell’altra.10
Octavio de Faria stabilisce una riflessione a partire dal confronto che crede ci sia tra l’immagine cinematografi ca e la parola. Identifi chiamo un grande entusiasmo con la nuova tecnologia dell’immagine cinematografi ca e la velocità. E quest’opzione estetica che esprime va in cerca di nuove possibilità formali per la parola. Secondo lui, l’epoca esigerebbe che si facesse letteratura a partire da nuovi riferimenti e il cinema avrebbe estrema importanza perché viene inteso come la forma di espressione più adeguata a comprendere i confl itti di quel momento storico.
Il Futurismo italiano, che viene individuato da vari teorici, come François Albéra, come il primo di tutti i movimenti modernisti11, nel 1916 pubblicava il Manifesto del cinema futurista12, fi rmato da cineasti e poeti, tra i quali
Marinetti. In questo manifesto si affermava che il libro sarebbe il “mezzo assolutamente passatista di conservare e comunicare il pensiero,
era da molto destinato a scomparire come le cattedrali, le torre (...), i musei (...)” 13
L’entusiasmo con la tecnologia cinematografica che si identifi ca in Octavio de Faria sembra essere caratteristico di un determinato momento modernista – e più specifi camente futurista – in cui si credeva di trovare nella velocità dell’immagine del cinema una ricchissima possibilità estetica. Nello stesso Manifesto di Martinetti, Giacomo Balla, Bruno Corra, Arnaldo Ginna tra gli altri, si dice che i futuristi sarebbero praticamente “obbligati” a pubblicare libri, ma che nel cinema avrebbero trovato la possibilità di un’arte “eminentemente futurista”, visto che sarebbe “il mezzo di espressione più adatto alla plurisensibilità di un artista futurista.”14
Non sappiamo se Octavio de Faria abbia avuto accesso a questo manifesto – crediamo che probabilmente no – ma richiama la nostra attenzione la prossimità del brasiliano al manifesto italiano per ciò che riguarda la forma di
percepire il cinema e la letteratura, e anche la sua scommessa sulle possibilità dell’allora incipiente linguaggio cinematografico.
Il libro e la parola non si sono mai rivelati sorpassati. Ma bisogna considerare il momento iniziale del modernismo in cui il sorgere del cinema e lo sviluppo del suo linguaggio sem bravano provocare o proprio ispirare nuove
possibilità alla parola letteraria – tanto di prosa come di poesia – così come appare chiaro sul Manifesto del 1916 e nelle critiche cinematografi che che Octavio de Faria ha pubblicato tra il 1928 e il 1931 sul giornale del Chaplin
Club. E questa maniera di percepire lo scontro tra parola e immagine sembra essere stato di fondamentale importanza affi nché ci fosse in Brasile un artista unico come Mário Peixoto, scrittore e cineasta del bel Limite, fi lm così difficile da capire nel contesto brasiliano all’epoca della sua ealizzazione.

Texto traduzido por Cristiana Cocco Carvalho

 


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