L'Umbria, misto di sacro e profano

Milva Scorpioni

Nella visione diffusa e standardizzata dalla lette-ratura turistica l’Umbria viene descritta come una regione dall’aurea mistica, riconoscibile nel paesaggio delle colline dolci e verdeggianti, se non addirittura nel carattere mite degli abitanti. Certo, l’Umbria ha “prodotto” santi di fama internazionale quali San Benedetto da Norcia, fondatore di uno degli ordini più importanti e potenti d’Europa, San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, Santa Rita da Cascia e numerosi altri, ma come si spiega questa prolife-razione? E’ vero che l’origine del “topos sacrale” attribuito all’Umbria deriva in parte proprio dalla tipologia del territorio, inteso come insieme di elementi vitali quali la terra, coperta ancora oggi da boschi e parchi, le colline coltivabili, le montagne rocciose disseminate di grotte naturali, l’incredibile quantità di acque lacustri, sorgive e fluviali. Questo paesaggio, unito a peculiari realtà socio culturali, ha favorito la nascita e il perdurare nel tempo di culti pagani legati, tra l’altro, alla fecondità. Naturalmente questo non significa che ogni luogo di culto cristiano in Umbria sia legato a culti precristiani, ma certo è che alcuni antichi schemi di comportamento sacrale, si sono rinnovati nel mondo contadino e pastorale, soprattutto durante il Medio Evo, creando una certa continuità tra culti legati alla terra e spiritualità cristiana.
Gli itinerari del sacro, in Umbria, sono innumerevoli, di questi Assisi è sicuramente il più noto. Situata ai piedi del Monte Subasio, all’epoca di San Francesco Assisi ha visto il perpetrarsi di guerre fratricide con la vicina Perugia, (questo anche per sfatare un luogo comune che vuole gli umbri un popolo dolce e pacifico…) ed è proprio in seguito all’es-perienza della guerra che San Francesco decide di lasciare la ricchezza per dedicarsi alla vita di meditazione e povertà. Ricordiamo, a questo proposito, che ogni anno Assisi ospita la marcia internazionale della pace, a cui partecipano centinaia di migliaia di persone di ogni razza e religione.
Le grotte naturali presenti intorno al Subasio avevano da sempre ospitato pratiche magiche e culti pagani legati alla natura , ed è presso quest’area boschiva che San Francesco si ritira con i suoi seguaci fondando il suo ordine. Oggi, nello stesso luogo si erge il suggestivo Eremo delle Carceri.
L’Umbria è costellata da insediamenti eremitici ricavati nella roccia. Non lontanissimo da Assisi si incontra l’eremo di Pale, presso cui si recavano, nel Medio Evo, eremiti, penitenti e sofferenti di dolori reumatici. Per propiziare la guarigione i devoti ese-guivano un’antico rituale litoterapico strisciando la parte dolorante nella roccia. Ma una delle grotte più importanti è quella della Sibilla, situata sull’altopiano di Norcia (Pian Grande), ai piedi del monte Vettore. Ancora oggi teatro di riti magici sopravvissuti nei secoli, nell’antichità la grotta fu luogo di culti megalitici, fondati sull’associazione del culto dei morti e della grande madre terra, garante della fertilità.
La cultura della fecondi-tà è spesso legata ai culti delle acque, in Umbria abbon-danti, specie sotto forma di sorgenti naturali. A Deruta, per esempio, troviamo il santuario della Madonna dei Bagni. Si racconta che un religioso raccolse presso la sorgente il fondo di una tazza con la rappresentazione della vergine, lo depose tra i rami di una quercia che da quel momento divenne luogo di miracoli.
Particolarmente legata al culto delle acque è la bellissima e suggestiva area delle Fonti del Clitunno, dal nome del dio oracolare, in provincia di Perugia. Con i suoi riferimenti a culti litici e idroterapeutici, testi-moniati ancora oggi nella vicina chiesa di santa Maria di Pietrarossa, a Trevi, la sacralità del luogo ha origini antiche, intanto da un tempio dedicato alla dea Giunone e poi dal bellissimo tempietto del Clitunno, edificio paleocristiano del IV secolo, costruito con reperti pagani.
Oltre che nel paesaggio e nei monumenti, il forte rapporto tra sacro e profano si esprime nelle feste folkloristiche umbre, realizzate in tutti i centri della regione (la maggior parte tra la primavera ed l’estate). Tra le più importanti si segnalano il Calendimaggio ad Assisi, quella delle Gaite a Bevagna, e la festa dei Ceri a Gubbio. Le origini di quest’ultima permangono alquanto misteriose, si sa, tuttavia , che essa è legata sia ad antichi rituali di propiziazione della vegeta-zione che all’omaggio al patrono della città, S.Ubaldo. In maggio, la città si divide in tre quartieri, quello di S. Ubaldo, di S. Giorgio e di S. Antonio, in epoca me-dievale protettori delle varie arti. Ogni cero, che pesa circa 400 kg, rappresenta un santo, e deve essere trasportato a spalla e di corsa da gruppi di uomini attraverso le vie della città fino alla cima del monte Ingino, dove si trova la basilica di S. Ubaldo. La festa viene vissuta emo-tivamente dall’intera città e rappresenta un vero e proprio spettacolo di follia per le decine di migliaia di turisti che arrivano per assistervi.
In Umbria, insomma, l’intreccio tra paganesimo e cristianesimo, tra sacro e profano è ancora oggi fortissimo. D’altra parte ricordiamo che lo stesso San Francesco esaltò Dio attraverso il Cantico delle Creature, ringraziandolo per avere creato “frate sole”, “sora luna e le stelle”, “sor acqua”, “frate focu”, “nostra matre terra , la quale ne sustenta e governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

 


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