Ricordo di Gina
Loredana de Stauber
Caprara
Gina se n’è
andata. Una grande perdita per tutti noi che l’abbiamo conosciuta,
apprezzata, amata, durante tanti anni, che abbiamo avuto con lei un
rapporto di lavoro ma soprattutto di affetto e amicizia.
Lavoro e amicizia: col tempo si sono sommati e mescolati, diventando
tuttuno. Il rapporto è iniziato per il nostro comune lavoro
di insegnamento dell’ italiano, nel lontano 1980 quando lei,
Gina Magnavita Galeffi e suo marito, Romano Galeffi , a Salvador,
hanno preso l’iniziativa di fondare l’ ABPI – Associação
Brasileira de Professores de Italiano - . Con un entusiasmo e una
tenacia che raramente avevo visto tra i professori di Italiano in
Brasile, Gina, una fi gura importante alla UFBA, di cui per un periodo
era arrivata ad essere Rettore, aveva contattato le autorità
competenti brasiliane e italiane cercando di coinvolgerle nella fondazione
di un’Associazione che riunisse i professori di Italiano sparsi
nelle Università brasiliane, spesso lontani da contatti e da
riferimenti. Poi si era basata soprattutto sulle sue forze, sui suoi
rapporti e sulle sue conoscenze personali e aveva percorso da un lato
all’altro l’immensità del Brasile, da una capitale
all’altra dove ci fossero Università o Facoltà
in cui l’Italiano era insegnato e, direttamente tra gli addetti
all’insegnamento, ovunque, aveva raccolto adesioni entusiastiche
per il suo progetto.
L’Italiano in quell’epoca era l’ultima ruota del
gran carro delle lingue neolatine anche dove, come nello Stato di
San Paolo, gli “oriundi” si aggirano sui dieci milioni
o forse più e gli italiani di passaporto sommavano allora a
circa mezzo milione. Ma si trattava di presenze mute, dimenticate,
che da molto tempo nessuno aveva cercato di agglutinare e di unire
per farle diventare una forza che permettesse di far pressione sulle
autorità italiane per ottenere invio di professori per un indispensabile
aggiornamento, libri, borse di studio. Anzi, gli italiani del Consolato
e dell’ Istituto Italiano di Cultura snobbavano un poco i professori
di italiano del Brasile, anche i docenti delle università che
a loro sembravano inferiori ai professori italiani. Il pensiero di
riunirli per promuoverne il perfezionamento, l’ebbero lei e
il Prof. Romano. E fu subito un successo, perché in fondo tutti
aspettavano qualcosa del genere, rendendosi conto dell’importanza,
non fosse altro, di poter intrattenere un dialogo e mantenere uno
scambio di idee con colleghi che svolgevano lo stesso lavoro in ambienti
differenti e con altre risorse.
L’Associazione si proponeva proprio questo: di far sì
che i professori di italiano delle diverse università brasiliane
si conoscessero, si raccontassero i loro problemi, che insieme cercassero
di risolverli, da soli o con la collaborazione di altri, italiani
o brasiliani. Ho detto che è stato un successo. Nel primo incontro
a Salvador nel 1980 (in cui, spesati, fummo ospitati in un albergo
i cui proprietari erano italiani), fu fondata l’ABPI sotto la
presidenza di Gina, e furono stabilite le regole del suo funzionamento.
Semplicissime, ad anni alterni l’Associazione avrebbe organizzato
un Congresso, ogni volta in una città differente, con l’intento
di coinvolgere quante più persone era possibile. Nell’82,
il primo Congresso fu a San Paolo. Gina Galeffi e Rina Ricci, allora
coordinatrice del Corso di Italiano della USP, ottennero dall’
Istituto Italiano di Cultura di San Paolo niente di meno che dieci
borse di studio della durata di un anno presso l’Università
per Stranieri di Perugia, per studenti che avessero appena fi nito
il Corso di Lingua e Letteratura Italiana. Vari giovani che allora
ottennero quella borsa, ora insegnano in Università brasiliane
o italiane.
Anno sì anno no, i Congressi continuavano,Gina era sempre presente,
anche nei brevi periodi in cui non era stata Presidente dell’ABPI
con la sua fi gura e la sua azione incoraggiante e agglutinante dominava
la scena. Lei accoglieva tutti, personalmente. Tutti erano benvenuti,
per tutti aveva una parola di elogio, di comprensione, di consiglio,
di affetto. Nei primi Congressi, molti si lamentavano, protestavano
per le condizioni di penuria in cui erano costretti a lavorare, senza
libri, senza materiale audiovisivo, senza contatti con docenti italiani,
senza poter andare in Italia. Ma si parlava anche dell’ insegnamento,
di metodi, di eventuali ricerche, e si parlava di fatti personali,
il che creava e manteneva rapporti di amicizia. Lei offriva il suo
aiuto, la sua collaborazione, suggeriva contatti in Brasile se era
il caso, o in Italia. Delicatamente induceva al dialogo e alla confi
denza. Di lei tutti sapevano di potersi fi dare. Un po’ alla
volta, come era previsto nel progetto iniziale, i Congressi sono diventati
foro di idee, luogo di presentazione di ricerche, di discussione e
dibattito.
Tra un Congresso e l’altro, Gina visitava le varie città,
a volte era ospite di
una di noi, allora il contatto diventava più intimo e ci si
conosceva più a fondo. Lei
aveva sempre mille cose da fare, moltissime persone da vedere, ma
fra gli impegni trovavamo il tempo per lunghe e belle chiacchierate.
L’amicizia si approfondiva, si creava un affetto sempre più
profondo. È questo affetto che ora lascia tanto rimpianto e
tanto vuoto.
Da quando, alcuni anni fa, è mancato suo marito, Gina, fi no
ad allora piena di vita e di allegria, era molto cambiata. Uno degli
ultimi ricordi luminosi e felici che ho di lei e di Romano è
stato quello di un Congresso sull’Emigrazione, a Montecatini
nel ’96, quando Gina riuscì a trascinare una folla di
professori di italiano di vari paesi e, con i suoi versetti che ritraevano
i presenti nelle loro caratteristiche più appariscenti, li
fece ridere, cantare e agitarsi alla brasiliana. Alla fi ne erano
tutti entusiasti e alcuni di loro parteciparono al nostro congresso
del ’97 e il contatto si mantiene fi no ad oggi con offerte
di pubblicazioni e di partecipazioni a Congressi. Ancora, fi no al
2000, Gina era nel pieno della sua attività, viaggiava, teneva
le sue conferenze, dirigeva attivamente l’Associazione. Poi,
con la perdita del marito era diventata più tranquilla, dimenticava
un po’ le cose, a parlare in pubblico si perdeva un poco. A
noi che le volevamo bene, faceva tanta tenerezza. Ai Congressi continuava
a partecipare, a Salvador nel 2001, a Florianópolis nel 2003,
fi no a quest’ultimo in giugno, a Foz de Iguacu, dove l’aspettavamo
e non è venuta. Improvvisamente era stata ricoverata in ospedale.
C’informavamo tutti i giorni, con apprensione. Sembrava recuperasi.
Al ritorno a casa, è arrivata la notizia che se n’era
andata. Non ci rimane che cercare di continuare il suo lavoro.