Rustici &
Buffoni: Il teatro di Ruzante
Alessandra
Vanucci
Putana mo del vivere,
mo a son pur desgraziò. A crezo cha
foesse inzenderò quando Satanasso se petenava la coa. A dir
cha nabi mè arrosso né quieto, pì
tormento, pí rabiore, pí rosegore, pí cancari
chaesse cristian del roesso mondo
1
(Ruzante: Moscheta, I,1)
Più di cinquecento
anni son passati da questa primordiale, sulfurea entrata in scena
di un rozzo contadino al crocicchio tra vicoli tortuosi, nel borgo
eletto da Ruzante, al secolo Angelo Beolco (1496-1542), a teatro delle
sue commedie. Eppure nulla sè perduto dellambivalente
potenza scenica di questo linguaggio: del suo impatto violento e sbalorditivo
sul pubblico, della sua incontenibile vis comica, dellenergia
crassa ed immaginifica che elettrizza limpalcatura drammaturgia
convenzio-nale. Le commedie di Ruzante, impastate di umori agresti
ed organizzate in forma di tradizionali mariazi o di esilaranti farse
oscene à la Boccaccio, sono infatti, daltra parte, corrose
da una impietosa riflessione sulla barbarie dellagire umano
e sulla violenza del roesso mondo il mondo alla
rovescia.
Figlio naturale di un
mercante milanese arricchitosi a Padova con la compravendita di terreni,
dunque godendo di condizione agiata e di uneducazione raffinata
a contatto con lavanguardia umanistica dello studio padovano,
il Beolco allestiva per questo pubblico scelto, nel patio della sua
villa e nelle corti dei palazzi, non solo le sue erudite imitazioni
plautine (dobbligo per un autore cinquecentesco), ma anche le
commedie di argomento agreste (La moscheta, La fiorina, Betia, Il
reduce, La bilora, Lanconetana) interpretate in dialetto pavano
da una troupes stabile di contadini. Tra altri tipi rustici
e buffoni, lautore stesso entrava in scena nelle vesti
di Ruzante, un villano inurbato che torna dal campo di battaglia e
deve far fronte allingorgo caotico di necessità stabilitesi
in sua assenza: nella Moscheta si trova a disputar la moglie con due
amanti nel frattempo da lei reclutati, infine ammettendoli al convivio
famigliare (ovvero, rivisitando in chiave grottesca il consueto gioco
delle coppie scoppiate: come Bilora, protagonista della
commedia omonima, forzato a far fuori il signore veneziano che concupisce
la sua amante); nel Reduce affronta con terrore lincombente
ritorno al quotidiano contadino soggiogato alla tirannia di fame,
epidemie, umiliazioni; nell Anconetana si mette a servizio di
un vecchio sior che pur detesta, maneggiando in favore di una bella
giovine. Nel variare delle declinazioni linguistiche e degli intrecci
in cui sinvischia, il tipo comico creato da Ruzante
offre lanticipazione di maschere ed intrecci tipici dellArte
(lo zanni ed il Magnifico: ovverosia Arlecchino e Pantalone) e popola,
grazie ad una sua straordinaria fortuna scenica, tutto luniverso
novellistico barocco di viandanti picareschi e turbolenti come Lazarillo
de Tormes, Georges Dandin de Molière, certi fools shakespeariani,
certi contadini litigiosi di Marlowe...
Facendo dunque debuttare
alcune delle figure e situazioni più riuscite del teatro occidentale,
e non solo dellArte (come, nella Moscheta, il marito cornuto
e consenziente, il villano esperto che controscena col soldato fanfarone;
le gags della baruffa notturna coi nemici inesistenti o del travestimento
grottesco per comprovare la fedeltà della coniuge), Ruzante
conduce però i suoi intrecci con feroce obiettività,
ben poco concedendo alle forme beneducate ed ai confortevoli clichés
della commedia classica; ed incorpora invece al suo linguaggio la
spudoratezza dellantica satira giullaresca, contaminando la
tradizione erudita della burla con la corporeità vitale ed
oscena del dialetto. Affrancando la sua scena da qualsivoglia preoccupazione
moralistica, censura religiosa, preconcetto politico e sociologico
o, infine, da obbligati omaggi allars poetica vigente, Ruzante
stilizza i modelli non raramente stereotipati dintreccio
comico offerti dalla drammaturgia coeva con una secca misura desperimento
scientifico. Disseziona pensieri e desideri, fantasie ed azioni di
ciascun personaggio, e sembra non rinunciare mai alla ricerca rigorosa
della logica (per quanto perversa) che governa il roesso mondo.
La paura, la fame e la miseria rurale, su cui incidono le perdite
materiali provocate dalla guerra, diventano così ingredienti
di allucinati e minuziosi quadri bruegeliani a tinte sociali dense;
ove da dietro alleconomia comica della farsa emerge un teatro
della crudeltà tra i più secchi e lucidi del Rinascimento.
Dunque, negli anni in
cui, tra Macchiavelli e Guicciardini, l inteligentia italiana,
forzata brutalmente ad affrontare i lutti della storia, rivendica
la sua emancipazione dal divino in nome di un pragmatico realismo,
scoprendo in fortuna, virtù e discrizione i principi
a guida dellazione umana, daltra parte limpietoso
teatro di Ruzante propone, ed impone con inoppugnabile evidenza al
suo pubblico, il primordiale impulso naturale come motore
e metro degli umani procedimenti. Nel teatralizzare senza cautele
la crudele regressione della società rurale ove lumanità
si riduce allessenza di corpi che godono e soffrono, tremano
e fremono, Ruzante storicizza il tema canonico del repertorio
aneddotico città/campagna, invertendone il segno. Dallimpatto
tra i suoi personaggi disseccati nella bestialità del loro
rude linguaggio, è difatti la naturalità
rustica che emerge come sola necessaria, imponendo in scena il suo
lascito di atavica, urgente saggezza e squalificando laffettazione
dei pedanti e leffimera vanità della cultura urbana.
Una opzione stilistica
ed estetica che, oltre ad esser rappresentativa della vocazione popolare
dellautore, rimanda alle diffuse tendenze centrifughe (largamente
sostenute dallo studio di Padova) che nella prima metà del
500 osteggiano la formazione di una unica lingua letteraria italiana,
omologata al modello fiorentino che simponeva universalmente
anche grazie alla stampa dei grandi autori di quella tradizione. Lenergia
improvvisata e sovversiva della lingua orale, contrastando la devastazione
tecnologica del codice scritto, confluisce in forme tanto più
stilizzate ed iper-realistiche, pertanto teatrali, quanto più
radicata al suo territorio e tempo. Proprio perché anacronistica
e locale, paradossalmente, la drammaturgia rustica di Ruzante interessa,
oggi, come metafora di resistenza culturale e, nello specifico della
scena, come modulo operativo opportuno allobiettivo di una possibile
inversione di tendenza anche nel contemporaneo, a ripartire dal riscatto
di lingue e culture minori. Atemporale e sempre attuale
nella sua conclamata inattualità, il teatro di Ruzante è
felice esempio di come il grande teatro, pur nei suoi episodi di più
accesa comicità, non cessi mai di proporsi come insostituibile
percorso di conoscenza.
Con il patrocinio dellistituto
italiano di cultura di Rio de Janeiro e della secretaria das
culturas, il cinquecentenario della nascita di ruzante sarà
festeggiato in giugno 2002 dal debutto della moscheta, inedita ed
appositamente tradotta da Alessandra Vannucci e julio adrião,
per la regia di Sidney Cruz e Alessandra Vannucci.
Alessandra
Vanucci è
regista e drammaturga dottoranda in Lettere (PUC-Rio).
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