Una Roma sconosciuta
Milva
Scorpioni
Al
viaggiatore che non si accontenta di visitare i ruderi della Roma
imperiale o i fasti dellarte barocca tra turme di turisti di
passaggio ma è alla ricerca di qualche scoperta più
personale, di qualche paesaggio inedito. A questo viaggiatore che
magari ha cercato decine di volte di immaginare gli scenari quotidiani
del mondo che ruotava intorno alla capitale, le sue campagne, e i
sui piccoli centri produttivi, proponiamo un itinerario che forse
è davvero tra i meno turistici possibili: le campagne e le
cittadine della Sabina, a nord di Roma.
Forse è proprio
il famoso ratto delle Sabine, rappresentato da innumerevoli artisti
(Giambologna, Pietro da Cortona, David, tra gli altri) ad introdurre
il popolo Sabino alla storia. La leggenda vuole che Romolo, mitico
fondatore di Roma, facesse rapire le donne sabine dai suoi soldati
per incrementare la popolazione di Roma. Rapporto conflittuale, dunque,
tra i Romani e i Sabini, tuttavia, Strabone racconta che, i
romani conobbero la ricchezza per la prima volta quando divennero
padroni di questo popolo. Basti solo pensare che lolio
doliva di questarea è stato il primo in Italia
ad avere il riconoscimento con il marchio D.O.P.
La Sabina attuale comprende
un territorio meno esteso di quello di un tempo, abbracciando la provincia
di Rieti e, in parte, quella a nord di Roma. Partendo da Piazza Fiume,
al centro di Roma, percorriamo in macchina la via Salaria fino a raggiungere
il bivio per Passo Corese, dopodiché proseguiamo per le prime
due mete principali del nostro viaggio: Fara Sabina e Farfa.
Attraversando la Sabina
si ha una sensazione di abbandono e silenzio un po irreali,
che sono, in fondo, la ragione del fascino di questo mondo di paesi
arroccati distrattamente sulle mon-tagnole. Il paesaggio è
vario: colline argentate coperte di uliveti, boschi di querce e di
lecci sempreverdi, vigneti, ma anche gli aspri e sassosi monti Sabini,
parte della catena appenninica. I bellissimi scorci del lago del Turano.
Sparsi qua e là borghi medievali e monasteri logorati dal tempo,
spesso abbandonati a sé stessi, come le interessanti rovine
di un borgo longobardo nei pressi di Fara Sabina.
Entriamo a piedi in questa
città di struttura originaria medievale, e rinascimentale,
poco abitata e, per chi ne ha lo spirito, decisamente adatta alla
meditazione . Dalla piazza centrale si può scorgere un paesaggio
piano e verdeggiante, se la giornata è limpida, si può
intravedere anche il mare. Entriamo nella bella chiesa di S. Antonio
(XV sec.) dove, oltre ad ammirare i dipinti del Manenti, nel primo
altare a destra scorgiamo un crocefisso del XVI sec., forse di provenienza
orientale, ricoperto di pelle umana consunta
.eh sì, un
tocco gotico che ci fa rabbrividire non poco. Una buona idea sarebbe
visitare Fara la prima domenica di settembre, per la festa di S. Antonio,
quando gli abitanti fanno a gara per addobbare le case e la città
si trasforma in un luogo di altri tempi, se ce ne fosse ancora bisogno.
Torniamo
indietro fino al bivio dei quattro venti e proseguiamo verso lAbbazia
di Farfa, uno dei maggiori centri del potere religioso in epoca medievale,
regno dei monaci sabini, ma anche crocevia di commerci e scambi culturali.
Certo, la sua storia si perde nella notte dei tempi. Forse luogo di
culto già in epoca pre romana, Farfa prende il nome dal fiume
che le scorre accanto. Labbazia apparte-neva allordine
dei Benedettini, organiz-zazione potentissima in tutta Europa , con
propri interessi politici e religiosi, a volte in contrasto con quelli
del Papa. Ad aiutarci nella nostra escursione cè un lugubre
monaco tedesco dal lungo mantello nero con cappuccio, sembra uscito
dal romanzo Il nome della Rosa. Chiostro longobardo, abside
tardo gotica, un bellissimo coro quadrato, un chiostrino con bifore
e capitelli romanici, una biblioteca con volte a botte che ospita
almeno 20.000 volumi, la chiesa rinascimentale di Santa Maria, nella
valle che si scorge dallorto si intravedono dei greggi di pecore,
viene da chiedersi in che anno siamo!
Continuando per i borghi
medievali e rinascimentali segnaliamo la splendida collina rocciosa
di Rocca Sinibalda, dominata dal castello. Nella conca Reatina i santuari
della Sabina francescana, come quello di Greccio, il convento di Fonte
Colombo, entrambe situate su alture che dominano una pianura variopinta
e coltivata, dai cromatismi che variano a seconda delle stagioni.
Da Fonte Colombo , per
chi avesse desidero di passare la notte da queste parti, si può
raggiungere facilmente il capoluogo Rieti, dove ci sono buoni alberghi.
Per chi invece decidesse di tornare a Roma, scendendo a valle, verso
Rieti, si trova facilmente di nuovo la via Salaria, 74 km. e siamo
di nuovo nella capitale, non senza limpressione di avere trascurato
qualcosa, per esempio Castelfranco, o Cittaducale che, percorrendo
una strada tutta curve, avevamo intravisto arroccata sulla cima di
un cucuzzo, toccare il cielo con le sue torri.
Milva
Scorpione è docente di lingua inglesa.
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