Ciacole Venete: declinio, morte, resurrezione della
civiltà veneta
Franco
Vicenzotti
15 maggio 1797
lultimo Doge di Venezia Ludovico Manin firma la resa finale
della Repubblica Serenissima nelle mani di Napoleone Bonaparte che
si impegna peraltro a rispettarne le istituzioni e le strutture politiche,
muore una Repubblica che era stata al centro della politica e delleconomia
europea per più di mille anni, riuscendo a fare della sua capitale
Venezia la città più ricca e più popolosa durante
il Rinascimento Europeo, Rinascimento a cui aveva dato un impulso
fondamentale giungendo ad esserne con la Toscana dei Medici uno dei
due principali poli propulsori.
I palazzi dei nobili veneziani,
le ville di campagna, le grandi Scuole ed Accademie avevano fatto
di Venezia il museo più importante del mondo con affreschi
e dipinti di Vittore Carpaccio, dei Bellini, di Cosme Tura, di Andrea
Mantegna, di Tiziano di Paolo Veronese e poi, durante lo splendido
settecento, di pittori come il Tintoretto, Canaletto, Longhi eccetera.
LArchitettura peraltro
aveva contato sulle opere di geni come Andrea Palladio, Baldassarre
Longhena, Scamozzi che avevano fatto del Canal Grande la via dacqua
bordata dai palazzi più fastosi dEuropa nel caratteristico
stile gotico bizantino prima, rinascimentale poi, che facevano da
sfondo alla splendida regata del fastoso Bucintoro durante la cerimonia
dello sposalizio del Mar dei Dogi coperti da ricchi broccati di colore
porpora, reminiscenti della dipendenza dellantica Repubblica
di Venezia dallImpero Romano dOriente di Costantinopoli.
Napoleone Bonaparte non
rispettò per nulla le promesse fatte agli ingenui giacobini
dItalia né tanto meno rispettò la promessa di
rispettare le istituzioni che la Repubblica si era data. In uno sprezzo
totale agli accordi presi con Ludovico Manin, trasferì la totale
autorità sui territori della ex-Repubblica allImperatore
dAsburgo per poter alleggerire i vari campi di battaglia in
cui la Francia Napoleonica era coinvolta e ottenere lalmeno
temporanea neutralità degli Asburgo.
Questo è il momento
storico del progressivo declino già evidente durante tutto
il 700, secolo in cui peraltro al crepuscolo economico, politico e
sociale faceva contraltare un incredibile risveglio delle Arti in
ogni loro manifestazione, basta pensare al Barocco Musicale Veneto
(Vivaldi, Tartini, B.Marcello ecc), ai grandi paesaggisti veneti (Canaletto,
Longhi, Tintoretto, Paolo Veronese, Piazzetta) allarchitetto
Baldassarre Longhena, allOpera Teatrale del Goldoni, eccetera.
La vecchia Repubblica
in piena crisi politica, sociale, economica, sapeva morire in splendida
bellezza come una vecchia signora che voglia presentarsi allultimo
giudizio vestita dei suoi abiti più ricchi e fastosi.
Iniziato il periodo della
Venezia Asburgica gli Asburgo per cui lex Repubblica costituiva
solo una della Regioni del loro vasto impero multi etnico e multi
culturale assunsero alcune gravi decisioni di tipo economico
funzionali ai loro interessi imperiali che aggravarono pesantemente
la già fragile struttura economica dellex Repubblica.
Uneconomia di tipo
soprattutto marinaro e mercantile con una agricoltura fortemente basata
sul latifondo per lincapacità culturale dei nobili veneziani
che non avevano saputo accettare le nuove idee ispirate al liberismo
economico che lIlluminismo prima e la Rivoluzione Francese poi
avevano diffuso in tutta lEuropa, già profondamente in
crisi, ebbe un colpo gravissimo da un canto con la scelta degli Imperatori
dAsburgo di scegliersi come sbocco privilegiato sul mare
cosa che in termini geopolitici faceva senzaltro senso
Trieste, di cui modernizzarono splendidamente il porto, dallaltro
imponendo a Venezia un carico fiscale di un livello decisamente insoppor-tabile
per una agricoltura di tipo latifondista già allo stremo.
Ad aggravare tale crisi
vi fu il rientro massiccio di grandi comunità venete insediate
negli ex territori della Repubblica: lIstria, la Costa Dalmata,
Corfu, lEpiro, Costantinopoli, Smirne e la costa turca, Creta,
Cipro, eccetera.
Questo flusso di immigranti
in un periodo di grave decadenza economica e sociale comportò
una pressione demografica intollerabile nei territori italiani di
Venezia (Il Triveneto: Venezia, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia
Giulia).
Inizia soprattutto nei
campi il fenomeno endemico della pellagra, malattia che portava prima
alla pazzia, poi alla morte dovuta ad una poverissima dieta calorica:
i contadini soprattutto, si nutrivano solo di polenta.
Il fenomeno endemico della
pellagra è stato splendidamente romanzato da Sebastiano Vassalli
nel suo Marco e Mattio in cui si analizzano le vicende
sociali ed economiche nel Bellunese alla caduta della Repubblica.
Il notevole ritardo nellammodernamento
delle deboli strutture industriali venete, soprattutto nel settore
tessile, la caduta dei commerci per una repubblica che aveva una situazione
di privilegio fornendo ai ricchi paesi dEuropa Occidentale le
spezie, i tessuti, le gioie prodotte nei paesi prospicienti il Mediterraneo
Orientale sono da individuarsi come le ragioni fondamentali del grande
esodo dei veneti nel mondo; da cifre fornite recentemente dalla Regione
Veneto, esistono sparsi nei cinque continenti otto milioni e mezzo
di veneti e di loro discendenti: più di quanti vivano oggi
nel Veneto stesso.
Nel momento in cui in
Italia si fanno passare leggi restrittive allimmigrazione di
gente affamata che solamente cerca un futuro decoroso per la propria
famiglia, lItalia dovrebbe ricordarsi come da molte regioni
del nostro Paese milioni di italiani abbiano dovuto lasciare le loro
terre e cercare un futuro decoroso in altri Paesi.
In particolare il Veneto
che oggi ha raggiunto livelli economici tra i più alti nel
mondo, realizzando pienamente le previsioni fatte in una indagine
scientifica dalla London School of Economics che su incarico dellUnione
Europea nel 1997 analizzava la realtà dellEuropa su base
non nazionale ma regionale e giungeva alle conclusioni che il Veneto
sarebbe giunto ad essere la Regione più ricca dEuropa
per lanno 2000. Previsione rivelatasi addirittura inferiore
ai livelli economici raggiunti dai veneti.
Se da una parte la ricchezza
realizzata negli ultimi 30 anni nel triveneto che, ricordiamo, era
in termini economici, fino al 1950 il Sud del Nord Italia, indubbiamente
sta alla base del ritrovato orgoglio e spirito di appartenenza etnico
culturale dei veneti, la coscienza dei terribili sacrifici imposti
dalla massiccia emigrazione e dai vecchi orrori della pellagra e della
miseria non dovrebbero assolutamente giustificare la nascita di un
latente razzismo nei confronti di altri popoli dItalia (Viva
viva el leon che se magna el terron Etna fa ti durante
la penultima esplosione del vulcano, ecc), né tanto meno un
atteggiamento di gretta chiusura nei confronti dei lavoratori extra-comunitari.
Unultima osservazione
per concludere questa breve ciacola: lincredibile successo economico
raggiunto dai veneti in un periodo tanto breve, indubbiamente frutto
delle ben note doti di laboriosità, creatività e spirito
mercantile, è anche frutto del know how tecnologico e scientifico
nonché delle rimesse trasmesse dagli emigranti che spesso peraltro
sono ritornati (vedi Gli Dei torneranno di Carlo
Sgorlon).
Peraltro cè
il rovescio della medaglia: il consumismo e il materialismo diffusi
dalla nuova realtà economica, rischiano di minare i valori
tradizionali dei popoli veneti; ricordiamo che lillustre veneto
Pier Paolo Pasolini in uno dei suoi ultimi scritti corsari
ricordava che i pericoli più gravi per luomo contemporaneo
non sono povertà e ingiustizia sociale, ma consumismo
e materialismo che rischiano di distruggerne lanima.
Franco
Vicenzotti è direttore dell'Istituto Italiano di Cultura.
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