Panorama della traduzione
in Brasile
Andréia Guerini
Nel periodo che va dal 1979
al 2005, del totale di traduzioni fatte in Brasile, secondo le statistiche
dell’ Unesco, il 36% corrispondeva a traduzioni letterarie (compresa
la letteratura per l’infanzia). Secondo ancora le statistiche
dell’UNESCO si costata che in Brasile un numero rilevante di
opere
letterarie sono state tradotte in portoghese dall’inglese, dal
tedesco, dallo spagnolo, dal francese e dall’italiano. Dal 1979
al 2005, delle traduzioni letterarie realizzate in Brasile (numero
totale di traduzioni in Brasile in questo
periodo: 17.104) 12.316 sono traduzioni di opere letterarie in lingua
inglese, 1.635 di opere letterarie in lingua francese, 1.273 di opere
letterarie in lingua tedesca, 768 di opere in lingua spagnola e 487
di lingua italiana.
Vale sottolineare
che in Brasile sempre si è tradotto. All’epoca della
sua scoperta nel territorio brasiliano vi erano la bellezza di 1078
lingue indigene. Oggigiorno in Brasile si utilizzano in media 200
dialetti, fra i quali circa 170 sono lingue autoctone usate dai popoli
indigeni, mentre le comunità di discendenza europea utilizzano
altre 30 lingue e dialetti, detti alloctoni. Il Brasile quindi, così
come la maggior parte dei paesi del mondo, può essere defi
nito come una nazione plurilin-gue. Chiaramente, nel nostro paese
la traduzione viene utilizzata da circa 500 anni, questo perché,
oltre alla loro notevole pluralità e “cordialità”,
tesi polemica sviluppata da Sergio Buarque de Hollanda in Raízes
do Brasil (1936), i brasiliani sembrano possedere “una dote
naturale” per capire, assimilare e trasformare nuove parlate,
come venne già dimostrato dai primi cronisti e, successivamente,
dagli storici e dai viandanti.
Sebbene da sempre in
Brasile vengano fatte molte traduzioni, e come dichiarano Heloisa
Gonçalves Barbosa e Lia Wyler “the story of Brazil is
a history of translations and of linguistic change” ( Gonçalves
Barbosa e Wyler
2001: 326), ancor oggi non esiste in Brasile una storia della traduzione
nazionale condotta in maniera sistematica e nemmeno una teoria della
traduzione “autoctona”.
In campo teorico,
i nostri sforzi si limitano ad “antropofagizzare”le teorie
elaborate all’estero, applicandole alla realtà nazionale.
È in questa maniera che si mossero, per esempio, i fratelli
Campos che, partendo dalle teorie di Jakobson e Pound, lavorarono
con l’idea della “trasposizione creativa” nella
traduzione. Secondo questi autori i testi poetici sono intraducibili,
ma passibili di una “ricreazione” o “trascrizione”.
Ma, nonostante la teoria di Haroldo de Campos si basi sulle tesi già
menzionate di Pound e Jakobson, a mio parere egli innova tale teoria
non con finalità “cannibalistiche” ma mantenendo
come punto centrale del suolavoro l’aspetto puramente estetico
del testo tradotto.
Un altro fattore che
vorrei mettere in evidenza è che oggigiorno in Brasile vengono
pubblicati molti articoli che riguardano la traduzione, soprattutto
a livello accademico, perciò è possibile dire che, grosso
modo, negli ultimi 30 anni, la storia della traduzione in Brasile
si caratterizza attraverso due fenomeni:
L’ampliamento
ed incremento degli studi di traduzione e sulla traduzione in ambito
accademico e l’intensificazione del numero di opere letterarie
tradotte.
Possiamo sicuramente
affermare che negli ultimi trenta, ma soprattutto negli ultimi vent’anni,
gli studi sulla traduzione, presa come disciplina accademica, sono
aumentati notevolmente. I contributi arrivano da svariate aree: storia,
letteratura, linguistica, fi losofi a, lessico-grafi a, interpretazione,
traduzione
automatica, programmiinformatici, ecc. Il Brasile nonsfugge a questa
regola, giacché la grande espansione degli Studi sulla Traduzione,
nel contesto internazionale degli ultimi anni, sembra che abbia avuto
una diretta ripercussione in Brasile.
Secondo i dati raccolti
da Pagano e Vasconcellos (2003) in questo periodo la maggior concentrazione
di ricerche sulla traduzione sono state elaborate a livello di master
con 54 tesi e a livello di dottorato con 39 tesi. Que sti valori sono
abbastanza signifi cativi visto che in Brasile la traduzione non era
ancora considerata un’area di ricerca indipendente. Oltre alla
ricerca sulla traduzione a livello di master e dottorato, è
in crescente aumento la richiesta di corsi di traduzione a livello
universitario. È possibile osservare inoltre che molte riviste
accademiche hanno dedicato sezioni o numeri speciali al fenomeno della
traduzione e ci sono riviste specializzate, tra le quali menziono
TradTerm dell’Università di São Paulo, che esiste
dal 1994 e Cadernos de Tradução pubblicata sin dal 1996
presso l’Università Federale di Santa Catarina.
Un altro aspetto che
si dovrebbe esplorare è il miglioramento, seppur parziale,
delle traduzioni in Brasile dato dal recente sviluppo degli studi
sulla traduzione in ambito accademico. Sono ad esempio diminuite le
traduzioni indirette da lingue come l’ungherese, il russo, il
giapponese ecc., e vi è una maggior consapevolezza delle possibilità
e delle strategie che il traduttore
puòutilizzare nel tradurre un testo. Come è ben noto
il traduttore agisce in base ad una teoria, sia essa consapevolmente
espressa o meno, ed esiste una chiara differenza di trattamento della
traduzione da parte dei media e dell’università. Le testate
giornalistiche brasiliane, analogamente a quanto avviene nel resto
del mondo, tendono infatti a valorizzare la traduzione in termini
quantitativi e, al contempo, a sottovalutare sistematicamente la fi
gura del traduttore omettendone il nome nelle recensioni e nelle liste
dei libri più venduti.
Dal canto loro le
ricerche universitarie stanno cercando di dare “visibilità”
al traduttore, evidenziandone l’importanza nel processo traduttivo,
rendendo visibile la sua intermediazione e rafforzando l’idea
che non esiste, come diceva Borges, un’unica traduzione perfetta,
ma innumerevoli traduzioni possibili, fatte a seconda di un determinato
pubblico e realizzate con maggior o minor competenza e qualità,
in base a una serie di fattori, tra i quali la competenza dei traduttori
ma anche la maggior o minor attenzione da parte degli editori.
Nonostante le ricerche
di Lia Wyler sulla “traduzione in Brasile” indichino che
“traduzioni e traduttori sono invisibili nei saggi teorici e
storici, nelle storiografi e lettererie e nei trattati dei brasilianisti,
nell’università e nei media, per il pubblico ed anche
per il loro sindacato’(Wyler 1995: 33) è importante sottolinerare
che questa situazione sta lentamente cambiando grazie all’allargamento
delle ricerche accademiche e all’aumento del numero di traduzioni
in Brasile.