Ecco che cosa ti aspetta
se vuoi insegnare all'università
Francesco Alberoni
La carriera universitaria,
che dovrebbe allevare individui liberi e creativi, in Italia produce
dipendenza, incertezza e servilismo. Nel sistema econo-mico chi non
si trova bene in una impresa se ne cerca unaltra, ed ogni impresa
sceglie la persona più adatta ai suoi scopi. Nelluniversità
no. Perché anche se, formalmente, ci sono moltissimi atenei,
è come se ce ne fosse uno solo. Tutti i programmi sono centralizzati
e, per ogni materia, tutti i professori vengono scelti da un unico
gruppo di potere nazionale. Il laureato, di solito, incomincia la
carriera universitaria con un Assegno di Ricerca. Decide una Commissione
Giudicatrice. In realtà è il professo-re che presenta
il suo candidato, e i suoi colleghi lo promuovono in quanto lui promette
di promuo-vere uno dei loro. Così il giovane incomincia a lavorare
con quel «maestro» da cui dipenderà, dora
in avanti, tutto il suo futuro. Dopo un tirocinio di alcuni anni,
gli dicono di prepararsi al Concorso Statale per diventare Ricercatore.
Qui la commissione è eletta da tutti i professori italiani
della mate-ria con un meccanismo elettorale complicatissimo. Che,
però, è go-vernato da un ristretto gruppo di potere
politicamente orientato, e decide in anticipo chi dovrà es-sere
promosso e chi no. Perciò al nostro giovane andrà bene
solo se il suo maestro è inserito nella cor-data giusta. Mettiamo
che riesca. Ora è diventato Ricercatore. Ha circa 35 anni,
uno stipendio da fame e deve aspettare tre anni per la conferma. Tre
anni sul-le spine. Ma è la regola: deve sempre sentirsi sotto
giudizio, chinare la testa, fare il bravo. Dopo qualche anno, se ha
fatto le ricerche gradite ai superiori, lo autorizzeranno a partecipare
al Con-corso di Professore Associato. Anche questa Commissione Giudicatrice
Nazionale viene eletta dallo stesso Gruppo di Potere che ha scelto
quel-la del concorso precedente. Ed ha già stabilito, in anticipo,
chi vincerà e chi no. Supponiamo che lo fac-ciano vincere.
E sui 45 anni e deve fare altri tre anni per avere la confer-ma.
Quindi pazienza e prudenza. Passa altro tempo e, al nostro amico,
resta solo lultima tappa, quella di Professore Ordinario, la
più diffi cile. Ora deve assolutamente essere nella cordata
giusta, aver dato le giuste garanzie politiche, non avere nemici ed
essere stato inserito con molto anticipo nellelenco di coloro
che saranno promossi. Se si è compor-tato proprio per bene
può farcela, entro i 55 anni. Più i soliti tre anni
per la conferma. Così, verso i ses-santanni, sarà
fi nalmente libero di creare e di scrivere quello che pensa, prima
di andare in pensione a 65. Signor ministro, mi creda, oggi chi fa
carriera universitaria in Italia è come un cane tenuto al guinzaglio
per tut-ta la vita. Una condizione umiliante. Ma non sono gli uomini
ad essere malvagi, sono sbagliate le regole, le istituzioni. Lautonomia
non esiste, la concorrenza non esiste, le elezioni del Cun e delle
commissioni dei concorsi nazionali sono manovrate. Negli Stati Uniti
i professori li scel-gono le Università in base alle loro esigenze.
Perciò un bravo ricercatore può fare una carriera folgorante.
Quando Watson e Crick hanno sco-perto lelica del Dna e hanno
preso il premio Nobel, Crick era giovanis-simo e nemmeno dottore.
Da noi no. Per questo cè la fuga dei cervelli, le personalità
più creative lasciano luniversità, e i professori
di valore sono amareggiati e senza fi ducia.