Carnevale italiano tra
storicità e satira
Cristiana Cocco
Per
cominciare a parla-re di carnevale italiano bisogna, prima di tutto,
chiarire che se lorigine del termine Carnevale è oggetto
di discussioni ancora oggi tra studiosi delle varie branche del sapere,
lo si deve al fatto di confondere il termine che desi-gna questo periodo
di festa, che va dallEpifania fi no al digiuno quaresimale,
con la festa in sé, derivata da antichi riti pagani.Infatti,
come molti di voi lettori già sanno sicuramente ma non
fa male ricordarlo a Roma in questepoca si festeg-giavano
i Saturnalia, feste che si celebravano in onore a Saturno e che duravano
una settimana, a partire dal 17 dicembre. Pare risalissero a tempi
antichissi-mi, precedenti la fondazione di Roma, in ricordo delletà
delloro, quando, secondo il mito, Saturno regnava in Italia.
Durante i Saturnalia a Roma si viveva un periodo di grande eu-foria,
nel quale le scuole erano chiuse, le esecuzioni capitali erano sospese,
non si litigava, gli affari erano rinviati e gli schiavi erano trattati
alla pari dei padroni e addirittura pote-vano prenderli in giro. Pare
che potevano anche vestirsi come loro. Da qui sembrerebbe na-scere
il mascherarsi che vigora ancora oggi in tutto il territorio nazionale
e nel mondo.Con lavvento del Cristia-nesimo, i riti pagani furono
a poco a poco eliminati, e i Sa-turnalia diventarono carnevalo, carnelvare,
charnelevare, e perfi no carnolovare, a secon-da della città
in cui cerano le feste, come attesta Clemente Merlo in un suo
ormai classico saggio su «I nomi romanzi del carnevale».
In esso, lautore nota che per quanto le denomi-nazioni del Carnevale
siano as-sai varie nelle lingue neolatine «lidea è
in fondo dappertutto una sola, strano a dirsi, non è il godimento,
lebbrezza del-loggi, ma la mortifi cazione, la privazione
del domani; non un inno ai sensi, alla carne, come ci aspetteremmo,
ma un grido di dolore, di rimpianto, il gri-do dellanimalità
insoddisfatta, stanca forse ma non sazia, la quale pensa che tutto
quel go-dimento sta per fi nire». Non è esattamente ciò
che riscontriamo oggigiorno nelle varie manifestazioni carnavale-sche
in giro per il mondo, ma sullorigine della parola siamo daccordo
con lui: da forme basso latine di tipo carne(m) la-xare partono lantico
fi orentino carnasciale, lantico vicentino carlassare ecc.;
da carne(m) le-vare partono invece lantico pi-sano carnelevare,
antico vene-ziano carlevar ecc. e, attraverso una forma con assimilazione,
*carnelevale, per una successi-va sincope, litaliano carnevale,
che dallItalia si diffuse in molti paesi 1. Carnelevare
era riferi-to in origine al banchetto dad-dio alla carne,
che si celebrava la sera innanzi il mercoledì del-le ceneri
2. Quindi, e chiudendo questo preambolo, lidea di festeggiamenti
pagani si era trasformata in un grido di godimento prima che si en-trasse
nel sofferto periodo di digiuno imposto dalla madre chiesa.Su tutto
il territorio italiano abbiamo moltissime manifesta-zioni carnavalesche,
ognuna di esse con caratteristiche ben particolari per ciò
che riguarda tanto la sua origine, quanto la maniera di festeggiarle.Tra
tante cittá, limbarazzo della scelta ha imposto una cer-nita
tra quelle che presentassero delle particolarità interessanti
o storicamente più importanti e che fossero, in qualche modo,
rappresentative della diversità culturale italiana, come: il
car-nevale di Ivrea, in Piemonte, che vanta il primato di essere il
più antico carnevale del mon-do; quello di Venezia, forse il
piú famoso del mondo (assie-me a quello di Rio de Janeiro,
naturalmente); il carnevale di Acireale, in Sicilia, ove la satira
e il mascheramento ricordava in qualche modo gli antichi riti pagani
di Roma; dellattuale ca-pitale dItalia, Roma, appunto,
si parlerà per ricordare una triste e sanguinosa epoca in qui
il carne-vale era sinonimo di feste a base di sacrifi ci; e, per concludere,
il famosissimo carnevale di Via-reggio, in Toscana, in cui il car-nevale,
dal 900, in poi assunse le caratteristiche di manifesto dellinsoddisfazione
popolare, specialmente contro i politici.
AD IVREA IL PIÙ
ANTICO CARNEVALE DEL MONDO
La più importante
caratte-ristica di questo carnevale è il fatto che racconti
una storia vera, vecchia di mille anni. Fe-derico Barbarossa, nel
1194, in-sedia nel castello della città un crudele tiranno,
certo Ranieri di Biandrate. Questi, con laver perpetuato soprusi
e violenze varie, porta allesasperazione il popolo della città
che insorge e distrugge il castello. La stes-sa sorte tocca, circa
cento anni dopo, ad un altro despota, Gu-glielmo, marchese di Monferrato,
che non solo si impadronisce a tradimento della città di Ivrea,
ma in-dice anche il jus pri-mæ noctis, e cioè il diritto
di passare la prima notte con le novelle spose della città.
Gueglielmo si invaghisce della bel-la mugnaia Violetta e pretende
di far valere il suo di-ritto, ma leroina, tratto da sotto le
vesti un pugnale, lo decapita e ne mostra la testa al popolo radunato
sotto gli spalti del ca-stello. È il segno della rivolta.I
due tiranni, Ranieri e Gu-glielmo, sfumano in ununica fi gura
di oppressore del po-polo, che ha partecipato alle sfi late carnavalesche
in cui si rappresentava la vicenda eroi-ca fi no al momento in cui,
con loccupazione napoleonica, nel 1808, il carnevale dIvrea
assu-me laspetto conservato fi no ad oggi, con maschere e costumi
ottocenteschi. Nella rievoca-zione storica, la manifestazione raggiunge
le più alte emozioni con la battaglia delle arance che si disputa
negli ultimi tre giorni di carnevale e risale a metà Ot-tocento,
quando si trattava di un grazioso lancio di agrumi dai
balconi in segno domaggio, diventato poi una vera e pro-pria
battaglia: circa quattromila aranceri a piedi scendono in campo, rappresentando
il po-polo divisi in nove squadre (Arduini, Credendari, Diavoli,Mercenari,
Morte, Pantera Nera, Picche, Scacchi e Turchini). Sui 38 carri da
getto di arance tro-vano posto oltre un migliaio di uomini e donne
protetti da ma-schere e imbottiture, rappresen-tando gli sgherri del
tiranno che allora governava Ivrea. Le due fazioni si scontrano sulle
piazze del centro storico, rievocando cosí la ribellione popolare
anno dopo anno. In tre giorni di bat-taglia vengono lanciati più
di 5000 quintali di agrumi, prove-nienti dalle Regioni del Sud (Ca-labria
e Sicilia), che altrimenti sarebbero destinati al macero per sovrapproduzione,
e il cui costo è a carico dei protagonisti della battaglia.Tuttintorno
alla bella Mu-gnaia, eroina della festa, (im-magine disponibile) ruota
un corollario di personaggi che rappresentano la storia della cit-tà
e del Carnevale nei secoli: il Generale (immagine esistente) il corteo
con le bandiere dei rioni rappresentati dagli Abbà, i Pifferi
e i Tamburi (immagine esistente). Linizio del carnevale viene
annunciato dalla sfi lata di Pif-feri e Tamburi che, con la loro musica,
invitano i cittadini a presenziare allinvestitura del nuovo
Generale in piazza del Municipio. Dopo di che comin-cia il vero e
proprio carnevale, che si svolge lungo le domeni-che che precedono
il carnevale (questanno saranno l8 e il 15 febbraio),
in cui si svolgono manifestazioni storiche e ga-stronomiche, specialmente
le famose fagiolate rionali piatto forte del Carnevale a base
di fagioli, salamelle e cotiche di-stribuito gratuitamente
al po-polo locale e ai turisti. Invece, giovedí grasso viene
messa in scena la consegna, da parte del sindaco, della fascia tricolore
al Generale, che cosí gli conferi-sce, simbolicamente, i pieni
po-teri della città. (A questo punto non si può non
osservare il parallellismo tra questa simbo-logia e quella carioca,
quando Rei Momo riceve le chiavi della città di Rio de Janeiro).
Dopo di ciò, avviene la sfi lata del Generale lungo le strade
della città che, accompagnato dagli Alfi eri con i gonfaloni
delle Parrocchie, dai Pifferi e Tambu-ri, dallo Stato Maggiore, dalle
Vivandiere e dagli Abbà, si reca a cavallo a rendere omaggio
al Vescovo. La giornata si chiude con una grande festa maschera-ta
che coinvolge tutta la città. Sabato grasso che que-stanno
sarà il 21 febbraio co-mincia la vera e propria messa
in scena della storia medievale, con le sfi late in cui squadre a
piedi, carri trainati da pariglie e quadriglie di cavalli ricca-mente
bardati, la cerimonia del matrimonio, concerti di bande musicali provenienti
da diver-se Regioni dItalia e dEuropa, premiazioni della
squadra e del carro vincitori della battaglia delle arance, roghi
che simbo-lizzano il fuoco che brucia il castello del tiranno e altre
sug-gestive manifestazioni. Il tutto fi nisce il mercoledì
delle ceneri quando, ripresi gli abiti borghe-si nel rione del Borghetto
avvie-ne la distribuzione al pubblico di polenta e merluzzo con cui
si dà inizio alla Quaresima. É veramente uno spettacolo
imperdibile e molto pittoresco per tutti, italiani e stranieri che
vogliano partecipare a una tipi-ca festa di carnevale con carat-teristiche
medievali.
IL CARNEVALE DI VENEZIAI
l
carnevale di Venezia è forse il più famoso insieme a
quello carioca: le meravigliose maschere fatte di cartapesta e ricoperte
di colori o, addirittu-ra, doro, vengono ammirate in tutto il
mondo. Studi recenti hanno provato che i veneziani hanno appreso il
gusto e larte della maschera in Oriente, e già nel Quattrocento
a Venezia comincia a diffonder-si con grande successo una for-ma di
rappresentazione scenica che fi nirà per trasformarsi in vera
e propria teatralità. Que-ste creazioni, a sfondo coreo-grafi
co ed intermezzi musicali, erano in principio allegorie e pantomime
con lintervento scenico di personaggi masche-rati da animali
e mostri. Questi scherzi erano fatti specialmente dalla maschera del
Mattaccino, buffone che eseguiva in pubbli-co esercizi di abilità
acrobatica. (immagine antica - F.Bertelli: Maschere che lanciano
uova profumate - (1642).Oggigiorno, oltre alla splendide maschere
anche le manifestazioni carnevalesche veneziane fanno accorrere mi-gliaia
di turisti ogni anno. Nel 2003 Venezia ha potuto vantare unaltra
volta di unorganizzato-re delle feste: Felice Laudadio ha organizzato
una versione del carnevale che prendeva spunto dalla sfrenata fantasia
e genialità delle mascherature presenti in quasi
tutti i fi lm di Federico Felli-ni di cui ricorreva lanno scorso
il decennale della morte. Felli-niana è stato il
tema prescelto con il signifi cativo sottotitolo Mascherarsi
per smascherare. (immagine della locandina). Questanno
il tema sarà Americana - Alla riscoper-ta delle altre
Americhe, che riproporrà la migliore tradizione del carnevale
veneziano, con il Volo dellAngelo dal Campani-le di San Marco
(lAngelo sarà una ex Miss Italia, la veneziana Carlotta
Mantovan), con i cortei delle Marie, le sfi late delle ma-schere,
il carnevale dei quartieri ecc. Da giovedì grasso a martedì
grasso avrà luogo il Carnevale a tema intitolato Americana/Nord,
che per sei giorni si concentrerà sulle culture musicali, teatrali,
letterarie del Nord del conti-nente americano (Canada e Stati Uniti),
con spettacoli di danza, teatro, musica da realizzare in Piazza San
Marco e nei campi della città, a Mestre, al Lido. Si prevede
anche un carnevale estivo, in luglio, che in contrap-punto
a quello invernale si inti-tolerà Americana/Latina.Nel corso
delle sue cinque giornate, il Carnevale destate ospiterà
le culture del Centro e del Sud America, dai Caraibi alla Terra del
Fuoco, passando da Cuba allArgentina, attraverso il Cile, il
Perù e naturalmente il Brasile, con musiche, performan-ce,
teatro di strada, danza, lette-ratura dei Paesi latino-americani.
Si pensa di creare scuole di sam-ba, reggae, tango, salsa, rumba,
cha-cha-cha, mambo, meren-ghe ecc., nonché una scuola di trucco.
Le attività delle scuole dovrebbero cominciare una set-timana
prima, da lunedì 5 luglio, per poter poi confl uire nella ker-messe
estiva che si svolgerà in Piazza San Marco, al Lido (con un
grande corteo di maschere ispirate al carnevale di Rio), nelle isole,
in particolare Murano, Bu-rano, Torcello, e naturalmente in terraferma.
Il Carnevale destate si concluderebbe con la notte dei fuochi
del Redentore.
LE MASCHERE E LA LIBERTÀ
Ma del carnevale veneziano
già si parla molto, mentre invece poco si sa del signifi cato
sim-bolico che le maschere hanno sempre rappresentato per il po-polo
di questa meravigliosa città lagunare. Una delle caratteristi-che
comportamentali del vene-ziano è il suo grande amore per la
libertà anche estrema. Infatti, Il carnevale di Venezia ha
come punto forte lestremo libertinag-gio che lha caratterizzato
lungo i secoli. La maschera, quindi, come simbolo non solo di rivolta
popolare contro i soprusi co-mera il caso di Ivrea
ma come mezzo per ribaltare la morale e letica vigente, di far
emergere la dissoluta indole veneziana, presente tanto nel comporta-mento
come nel dialetto, pieno di espressioni e parole che allu-dono a questanima
libertina.Da un punto di vista storico, il carnevale veneziano ha
subi-to forse il più grande numero di impedimenti giammai regi-strati
nella storia del carnevale italiano, sempre nellintento di soffocare
il palese libertinaggio di uomini e donne che, protetti dalle maschere,
evidentemente praticavano. Una volta, e si parla qui de-gli inizi
del primo millennio, il periodo carnavalesco in questa meravigliosa
città era un mo-mento magico, che coinvolgeva tutti: era la
trasgressione a tut-te le regole sociali e dello Stato,
era il soddisfare il bisogno tipico delluomo di abbandonarsi
al gioco nellebbrezza della festa.Mascherati in bauta o in uno
dei tanti fantasiosi travesti-menti, i veneziani vivevano in-tensamente
questo periodo. Le corti dei palazzi si aprivano alle feste, in tutti
i campi, spettacoli e musica rallegravano i giorni e le notti.Lungo
le calli, per i canali, nei liston invasi da maschere
il saluto era: buongiorno sioramaschera. Lidentità
persona-le, il sesso, la classe sociale non esistevano più:
si entrava a far parte della grande illusione del Carnevale.Il più
antico documen-to riguardante lutilizzo delle maschere a Venezia
è datato 2 maggio 1268: in questo do-cumento veniva proibito
agli uomini in maschera di praticare il gioco delle ova
nei giorni di carnevale: le uova venivano riempite di essenze di rosa
e gelsomino e poi lanciate in dire-zione alle belle giovani. (vedere
immagine antica precedente)Non soddisfatti di questa limitazione,
agli inizi del 300 cominciarono ad essere pro-mulgate nuove
leggi che cer-cavano di frenare linarrestabile decadimento morale
dei vene-ziani del tempo. Ad esempio, nel 1339 un decreto proibisce
alle maschere di girare di notte per la città. Per far capire
quan-to fossero libertini i veneziani a quel tempo, parliamo del de-creto
del 24 gennaio 1458, che proibiva agli uomini di intro-dursi, mascherati
da donne, nei monasteri per compiervi mul-tas inhonestates... Rimanendo
nello stesso tema, il decreto del 3 febbraio 1603 vieta
alle maschere laccesso ai parlatori delle monache, in quanto
era usanza andarci, sedercisi sopra e parlare con queste...Vari tentativi
furono fatti per impedire alle maschere di portare con sé armi
o strumenti atti a ferire, cosí come diversi decreti furono
promulgati per-ché le maschere non entrasse-ro nelle chiese.
I cari lettori si chiederanno il perché delluso della
maschera proprio per en-trare in chiesa. È che i veneziani
ormai usavano la maschera non solo durante il carnevale, ma durante
tutto lanno, per celare la propria identità quando vole-vano
fare un qualcosa di proibi-to, mantenendo cosí il proprio anonimato
comera nel caso degli uomini che giocavano dazzardo
e delle prostitute. Nel 1608 viene emanato un decre-to del Consiglio
dei Dieci che proibisce luso della maschera se non nei giorni
di carnevale e nei banchetti uffi ciali. Le pene erano pesanti: gli
uomini erano condannati a 2 anni di carcere, dovevano servire per
18 mesi la Repubblica vogando legato ai piedi in una Galera, nonché
pagare 500 lire alla cassa del Consiglio dei Dieci. Per quanto riguarda
le donne meritrici che venivano trovate in maschera, queste venivano
frustate da S. Marco a Rialto, poste in berlina tra le due colonne
in Piazza S. Marco e venivano bandite per quattro anni dal territorio
della Repubblica Veneta: oltre a ciò dovevano pagare 500 lire
alla cassa del Consiglio dei Dieci . Ma tutto ciò, evidentemen-te,
non era suffi ciente a far desistere i viziosi e ribelli vene-ziani,
perché nel 1658 un altro decreto ribadisce il divieto alle
maschere di portare armi, proi-bisce luso delle maschere al-linterno
di luoghi sacri e luso di maschere che rappresentino abiti religiosi,
e inoltre vengono probiti luso di tamburi prima di mezzogiorno
e balletti di ogni tipo, al di fuori del periodo di carnevale. Un
secolo dopo si ri-trovano anche decreti che par-lano del divieto delluso
della maschera durante la Quaresima e durante le festività
religiose che capitavano durante i giorni di carnevale. Dopo la caduta
della Repubblica, nel 1814, luso delle maschere nelle pub-bliche
vie fu proibito dal Go-verno Austriaco addirittura du-rante il carnevale,
decisione poi ripensata dal secondo Governo Austriaco, dopo la Restaurazio-ne
del 1815 e non è più stata proibita da nessun governo.
Accanto alle maschere più conosciute dovuto alla Com-media
dellArte, come quella di Arlecchino (immagine), abbia-mo le
classiche maschere ve-neziane, come il Goliardo (im-magine) e il Bauta
(immagine). Un altro momento importante della festa è la regata
storica, quando le gondole sfi lano tutte mascherate anchesse,
dispu-tando il premio della più bella gondola. (varie immagini).Per
concludere questa pri-ma parte del testo sul carneva-le, si osserva
il fatto che tanto ad Ivrea, quanto a Venezia cera e cè
ancora oggi labitudine di lanciare qualcosa sulle perso-ne,
come oggi abbiamo labitu-dine di gettare coriandoli e stel-le
fi lanti... sicuramente meno pesanti delle arance, ma anche meno romantici
delle uova pie-ne di essenze!