Migrazioni e trauma.
Un'equazione legittima?
Andrea Lombardi
Il fenomeno delle migrazioni
può essere visto come sintomo della contemporaneità
(ibridazione, stratificazione e interconnessione delle culture, incontro
necessario con ‘l’altro’). Può però
anche stimolare una riflessione a ritroso, verso il passato. Rottura
come ferita o lacerazione (cosciente o no, apparentemente volontaria
o indotta, per motivi apparentemente economici o eminentemente politici,
quando non per motivi psicologici). Scardinamento di legami (affettivi,
visivi, psicologici).
La rottura, introiettata, sedimentata, apparentemente dimenticata
(meglio; rimossa), può essersi manifestata (nella grande emigrazione)
con forme patologiche (perdita di memoria, incapacità di apprendere
l’altra lingua, depressione, suicidi, degradazione subumana,
pazzia). L’ipotesi qui formulata in termini dubitativi (“può
essersi manifestata”) non è una certezza o un necessità
storica (non risponde a logica determinista). Ma ragionevoli motivi
portano a ipotizzare la presenza di residui, di resti, di brandelli
di memoria di questa rottura, di questo trauma. Si tratta di una rottura
di proporzioni non assorbibili dall’apparato psichico (violenza,
intensità) che genera una rimozione (una memoria incosciente)
e sintomi nevrotici, come la compulsione alla ripetizione, di cui
parla Primo Levi, dopo l’esperienza di Auschwitz , sintomi che
alludono alla presenza di un ‘nodo’ irrisolto.
Il trauma può essere considerato un evento individuale, che
ha colpito una sola persona. Nell’attuale ipotesi di ricerca
(Migrazioni e trauma) il trauma è visto più come una
metafora di un fenomeno ipoteticamete collettivo (una ipotesi di lettura
e interpretazione della storia recente): trauma storico (espressione
impropria, ma che significa) che non scarta la personificazione: una
nuova nazione (l’Italia), in procinto di proclamare o consumare
la sua nuova identità (al tempo del Risorgimento, della vittoria
dei Savoia, dell’unificazione), non avendo evidentemente le
capacità di assorbire la nuova mano d’opera del regno
unificato (industrializzazione burocratica troppo rapida, disastro
sociale, complessi determinati dal divario fra storia passata ‘eccessiva’
e presente sociale meschino e ‘vergognoso’) si vede costretta
e legittimata a mandare via i propri ‘figli’: scacciarli,
espellerli. In questo quadro, il racconto di Hans e Gretel dei fratelli
Grimm può leggersi come parabola di una situazione in cui i
genitori (in questa metafora e rilettura: Patria e..., come afferma
Caetano Veloso in una sua canzone, Matria) decidono di mandare a morire
i due piccoli nella foresta, poiché la situazione economica
non permette loro di sopravvivere in quattro. Prospettiva di lettura
mostruosa, che rende almeno in parte la mostruosità delle conseguenze
del trauma.
Non tutti i fenomeni emigratori dovranno presentare questo elemento.
Considerare il tema da questo punto di vista, fa del trauma una specie
di cartina di tornasole, per rendere più evidenti alcuni passaggi,
per poter rileggere e interpretare testi apparentemente meno significiativi.
È il caso, per es,. di Dagli Appenini alle Ande, di Edmondo
De Amicis (un brano autonomo del popolarissimo Cuore), oppure del
romanzo contemporaneo Vita di Melania Mazzucco, una giovane e capace
scrittrice, oppure la novella “L’altro figlio”,
di Luigi Pirandello e quegli altri, scarsi, testi, sull’emigrazione
italiana. Temi quali il viaggio, il doppio la testimonianza sulle
atrocità dei campi di concentramento possono presentare elementi
nuovi a una lettura attenta: possono mostrare la rappresentazione
letteraria di una rottura, di un trauma non sempre riferito specificamente
all’emigrazione italiana, ma che mostra che la letteratura in
quanto tale è sempre fenomeno contraddittorio di molteplicità
e rottura. Una prospettiva, dunque, lontana dal quotidiano, attenta
alla filigrana del testo, alla sensibilità di timbro e musicalità,
può aprire nuovi spazi alla lettura della storiografia italiana,
di quelli che si potrebbero definire i complessi e i problemi della
storia italiana, quell’ “eccesso di passato” che
permette spesso, anche nella lettura, una maggiore apertura rispetto
al presente. Oppure, può dare elementi per spiegare quel paradosso
rappresentato dalle future elezioni di rappresentanti italiani al
Parlamento, eletti fuori dai confini della penisola: dalla baixada
fluminense o dal Brás ogni lunedì mattina a Montecitorio.
Andrea
Lombardi
Laboratorio de Estudos sobre Intolerancia USP,
vincitore concorso UFRJ (Depto Neo-Latinas, Area d’italiano)