Mario Luzi
Poema di Marco Lucchesi
Splendida rinasce
la Parola
che vivida di luce
aderge
a forme altiere
cui segue
di ghiaccio ardente
la vita stessa
di quel
Martini
pellegrino e cavaliere
perduto prima
(o quasi o vivo
o folle) nel suo
stranito
andare
tra cielo e terra
E in te – figlio e
compagno di quel
sommo Duca –
ritrovo il fiero
abisso
di quel volume
universale
più volte squadernato
e vedo
poi estrinsecarsi
quella Pietra
fra duomo
e fiume e ponte
l’apeiron
che rende
vorticosa
ogni tua singola
metafora
in cui non si discerne
la luce
immateriale
dal mondo
trafitto di ghiaccio
e silenzio
la fiera
trasparenza e il
richiamo di calore
al celestiale appuntamento
(gioia inestinta
d’altri Ulissi
folli di quell’ombra
trasparente)
we were the first
that ever burst into
that silent sea –
mare mutolo
e verbo
liquido
da Coleridge al sempre
amato Hopkins –
celestiali incandescenze
di senso
e desiderio
E di cotali altezze
e tuoni e folgori
sorge la tua Parola
come una Firenze
ebbra
della sua
stessa tenebra
(di luce)
che muove a più
severi
e labili
confini
la voragine
di roccia
ove corrono
i fiumi
dell’alta Parola
quell’aperta voragine
quel caos
di nubi e di macerie
(selvaggio ostello
di non appartenenza
e che riporta al suo
destin fugace)
Al cieco
sprofondarsi
della storia
fra stalattiti
e muschio
ove s´apre
l’acqua
di roccia
del
tuo Verbo
già riede
la Poesia
E quei fiumi
sparsi ad Occidente
saran –
figlio e compagno
di quel sommo
Duca –
il tuo
sereno
e liquido trionfo