Fellini ci dava delicatezza
e compassione
Arnaldo Jabor
Roma
- A 10 anni dalla morte di Federico Fellini, Roma, Rimini e New York
rendono i suoi omaggi al grande mestre del cinema italiano. Sono stati
42 anni di carriera in cui ha diretto 24 film e ha vinto 5 Oscar.
Sicuramente il film "La Dolce Vita" è la più
famosa delle sue opere, con la qualeDieci anni fa moriva Fellini.
Tanto tempo così?
Si. Dieci anni. Non potremmo mai più aspettare il suo prossimo
film... Ed io continuo a sognare con il suo prossimo film. Lui faceva
mistero: durante tutto l'anno arrivavano notizie: lui si è
rinchiuso a Cinecittà e nessuno sa come sarà il copione;
lui sta filmando Roma antica, lui adesso è così, lui
adesso è accolà...Allora il film arrivava ed io ero
sempre in arretrato. I comunisti ringhiavano: "Quello li è
un piccolo borghese!..." Gli undergrounds odiavano la dolcezza,
la chiarezza ed il repertorio di sincere realtà che lui collocava
nel grande schermo: "Molto kitsch, molto lineare...", e
altre stupidaggini.
Però Fellini era superiore a tutte queste definizioni: lui
non era comunista e neanche fascista, neppure cristiano nemmeno ateo...
ne di sinistra ne di destra. Fellini era Fellini. Tutto quello che
aveva era la propria vita. Lui non era molto colto però aveva
qualcosa di prezioso per un artista - ciò che Shakespeare chiamò
di "il latte della bontà umana", un'immensa delicatezza
con la vita e una grande compassione per le persone. Anche il più
grottesco dei suoi personaggi era visto con compassione. La canaglia
aveva motivi tristi per essere la povera canaglia che ruba la prostituta,
il playboy egoista era uno scemo solitario, il più ridicolo
borghese piangeva di solitudine.
Fellini poteva soltanto essere italiano. Nei suoi film echeggia la
tradizione pittorica del Rinascimento non la solennità classica
però il lato generoso umanista, la realtà traboccante,
barocca. Fellini può essere intravisto nei grandi quadri: vediamo
Fellini in "Paradiso" del Tintoretto, o nella "Crocifissione
di Cristo", a Venezia. Essa era già li. Fellini era anche
nella letteratura realista o picaresca, era in Rabelais, in Cervantes,
era dopo in Balzac, sino ad oggi ci sono risonanze di lui in Nelson
Rodrigues, in Dalton Trevisan. Vedo una gran influenza del cinema:
Chaplin e forse Stroheim.
Io mi alimentavo di Fellini, il mio primo film si chiamava "Il
Circo", realizzato nel 65 persino prima dei "Clowns".
Sono andato dietro alle grasse danzatrici di rumba della periferia
carioca, dei vagabondi della sabbia, dei pagliacci senza grazia e
dei baccalà maltrattati, sono andato alla ricerca di quel brasiliano
grottesco poiché li era la nostra fragilità. Non ho
mai voluto mostrare il popolo come "brava gente" o come
"sfruttati", non ho mai voluto ritrarre i personaggi popolari
con la noiosissima "nobiltà rude", non mi sono mai
interessato per i personaggi esemplari ed eroici. Molto più
pungenti erano la fragilità povera dei desideri e l'intensa
identificazione solidaria che avevamo con i personaggi. Io ero uno
dei "Vitelloni" io ero Alberto Sordi nello "Sceicco
Bianco", dopo sono stato Mastroianni tremulo, in crisi, in "Otto
e mezzo", sono stato Giulietta Masina.
E come registrava bene e diverso da tutti; registrava senza la logica
infernale della narrativa americana, filmava come uno che dipingeva,
come un racconta storie e quando aveva bisogno di farsi notare nel
montaggio, faceva meglio di tutti - vi ricordate della scena del bordello
fascista a Roma o del gran imbottigliamento dello stesso film, pensate
nei buoi caramellati nei banchetti romani del "Satyricon",
dei preti a rotelle, dei cardinali top models nella passerella del
Vaticano, alle sante prostitute, i pranzi a base di pasta a Roma.
Quei grandi momenti li tengo nella mia mente per i momenti di tristezza
e li uso come medicina; come dimenticarsi del "pavone della Signora
Contessa", aprendo la sua coda blu-argento sotto la neve a Rimini,
come dimenticarsi del concerto dei vecchietti musicisti nei bicchieri
di cristallo de "E la nave va" , come dimenticare le nere
lacrime di Cabiria, della grande nave di cartone sul mare di plastica
in "Amarcord", Come? A volte quando non dormo, con quell'angustiante
mano nera sul petto, penso: "Però
Fellini esiste
nel mio ricordo
" E Nino Rota? Chi può darti più
voglia di piangere che lui? Sembra che sono nati insieme, lui e quel
Erik Satie mescolato con fox.
E la meravigliosa fotografia di geni come Di Venanzo, Otello Martelli
o Giuseppe Rotunno? Chi fotografa così oggigiorno
quell'immagine
europea che arrivava o nell'argento secco del film Dupont Superior
o nell'Eastmancolor con colori di Veronese? Chi ha fatto scenari come
Dante Ferretti o Danilo Donnatti? Chi?
Lui disse una volta: "L'unico e vero realista è il visionario
"
Niente di più vero!. I suoi film ci prendevano totalmente,
come se vedessimo la vita e le persone per la prima volta, poiché
lui aveva l'immensa capacità di creare tipi istantaneamente
leggibili con una complessa psicologia; non erano "tipi"
come molti pensano - erano personaggi fisici
dove ogni ruga,
ogni pancia, ogni smorfia grottesca aveva un senso profondo.
Gli idioti l'hanno criticato chiamandolo di grande mistificatore e
lui disse: "Si
può darsi che io lo sia perché
la mia adesione alla realtà è sempre soggettiva, emozionale".
Sembra che sto ascoltando Fellini parlando agli uomini d'oggi: "Ho
attraversato l'arte moderna e non sono mai caduto nella trappola della
sua malinconia. Io non propongo ideologie, soluzioni. Credo nella
luce. La mia luce è fabbricata in studio, dove ho fatto anche
il mare. Per me, la fiction è la realtà. Io ho attraversato
il secolo XX con personaggi della mia infanzia, sfacciatamente nostalgico,
umoristico, anche quando il "politicamente" corretto"
erano la disperazione e la critica impegnata. Io sono stato comunicativo
e facile quando il corretto era l'ermetismo intellettuale. Ho affrontato
l'industria culturale americana con la vendetta più grande:
il successo. Non ho mai fatto dei musicali però i miei film
hanno la bellezza leggera di quel gran momento del cinema americano".
E Fellini poteva aggiungere: "Le mie bugie soggettive sono lì.
Dove sono le verità del secolo XX? Sono tutte naufragate. Pero
a me piace vedere questo. I naufragi sono buoni. La nostra epoca è
importante perché è un naufragio d'ideologie, di concetti,
di verità convenzionali. Non vedo in questo la fine della civilizzazione,
credo che sia un segnale di vita".
Grazie, Federico. Abbiamo tanto bisogno di delicatezza e di compassione,
"maestro". Che immensa nostalgia ho di te
Traduzione: Elizabeth
Thompson